|                                             GAUDIU
        'E RUGA E TRIVULU 'E CASA 
          
         
         
            Com'era la moglie per
        molti mariti del XIX e XX secolo? Semplice: "Gaudiu 'e ruga e
        trivulu 'e casa." Voi mi direte che è un proverbio maschilista, ma
        io ci trovo un qualcosa di scherzoso e, tutto sommato affettuoso, un
        modo di schernirsi quando al marito facevano i complimenti per la
        moglie. Se volete considerarlo maschilista o misognino fate pure.  
          
          
         Acqua,
        focu e pane ‘un se neganu mancu a ‘nu cane! 
            
        C'é uno stupendo raccontino di Gianni Rodari che mette alla berlina i
        vecchi proverbi e dimostra, ironicamente, come spesso siano in
        contraddizione tra loro, che alcuni dicono addirittura il falso e a
        volte procurano pure brutte sorprese  come quello che era convinto
        che quando la pera è matura cade da sé per cui si mise ad aspettare
        sotto il pero fin quando la pera cadde fradicia e con notevole ritardo
        spiaccicandosi sulla zucca del credulone.   
           Anche questo proverbio mi sembra falso dal momento che
        "Acqua, fuoco e pane" non solo spesso si negano ai cani, ma
        anche a miliardi di esseri umani che popolano questo infame pianeta nel
        quale la quasi totalità delle risorse e delle ricchezze sono nelle mani
        di pochi, super ricchi che da sempre sfruttano e affamano la povera
        gente.  
        
         
        
         
                                                   
         'UN
        SE TROVAVANU ALLA CALLIGRAFIA  
        
        
         
          
         
              
        Si
        ‘ce su’ sazizze ‘mpise, ‘un te movere pe’ ‘nu mise. 
         
           
        Questo proverbio,  probabilmente fu
        coniato proprio di questi tempi, forse, da quello che mi raccontavano
        mio padre e i suoi amici, da qualche ragazzo sangiovannese. Pare che nei
        mesi di dicembre e gennaio molti giovani di San Giovanni in Fiore,
        sapendo che le pertiche caccuresi erano appesantite da quintali di
        salsicce e soppressate, si fidanzassero con ragazze di Caccuri.
        Immaginate la gioia dei genitori delle fanciulle che accoglievano
        festosamente i futuri generi dando mano a spiedI e a cannate colme di
        vino, mentre le mogli imbandivano tavolate con ogni ben di Dio. Pare che
        tra questi ci fosse anche un violinista il quale, mentre si preparava il
        banchetto o subito dopo, era solito suonare qualche pezzo. Così, in
        piedi, con l'archetto sulle corde e il mento appoggiato alla mentoniera
        dello strumento, poteva comodamente osservare dal basso le pertiche e
        valutarne la consistenza e il tempo stimato per
        l'esaurimento delle salsicce, cosa che, a quei ritmi  e con
        quell'entusiasmo dei futuri suoceri, avveniva in un mese, un mese e
        mezzo al massimo. A questo punto, nasceva all'improvviso un pretesto per
        "sciollare 'u matrimoniu" tra le lacrime della ragazza e la
        costernazione dei genitori che si ritrovavano senza genero e senza
        provviste. Però papà, che non era malizioso, dava, ironicamente,
        quella che secondo lui era la motivazione vera del fallimento della
        rottura del fidanzamento: "Un se trovavanu alla calligrafia",
        ovvero avevano caratteri troppo diversi.  
          
                                                             
        
        SAGGEZZA CONTADINA  
          
          
               
        Quannnu è tempu 'e zappare e
        putare, né niputi, né cumpare;
        
        quannu è tempu ‘e vinnimare, tutti niputi tutti cumpari. 
         
           Quanta saggezza e quanta amarezza in questo proverbio. Per
        tanta gente, anche all'interno dello stesso parentato, spesso la
        solidarietà è qualcosa di sconosciuto, mentre l'avidità è più di
        casa.  Quando si ha bisogno di aiuto, quando la fortuna ci
        abbandona spariscono nipoti e compari, ma quando la fortuna ci arride,
        quando le nostre condizioni economiche sono floride ci ritroviamo
        circondati da avidi nipoti, cugini e compari premurosi . Così va il
        mondo! 
        
         
          
                                                              
        PROVERBI CIUCCINI 
          
          
        Quannu 'u ciucciu 'un vo' acqua,
        avoglia 'un frischi!, dice un vecchio proverbio che insegna a non
        insistere con la gente caparbia, ottusa che poi sarebbe un'altra
        versione di Cu' cioti e valluni 'un piare 'mpignu perché sono come 'u
        ciucciu che 'A lavare 'a capu allu ciucciu ce perdi l'acqua e lu sapune.
        Te massime, tre pillole di saggezza in questi  mesi attualissime,
        anche se, purtroppo cu' li ciucci dobbiamo conviverci.  
          
                                                            
        L'INGRATITUDINE IN
        UN PROVERBIO 
          
         
        All’ominu ‘ngratu e a cavulu jurutu, chillu chi ‘ce fa, fa ci
        l’ha perdutu.
          
         
           Traduco per i non calabresi senza bisogno di spiegare il
        significato che si capisce benissimo, anche perché tutti gli uomini del
        mondo spesso lo hanno sperimentato più volte. 
          
        Tutto ciò che fai di buono alle persone ingrate e al cavolfiore è
        sempre perduta, inutile, fonte di ingratitudine.  
                                                           
         NOBILTà
        E MISERIA 
          
          
        Quannu campava patrìma jianu 'narreti, 'narreti, mo chi patrìma è
        mortu iamu 'n avanti, 'navanti.  
         
        Morale del proverbio: in una famiglia contadina quando il padre era
        ancora in vita portava a casa molta legna, si faceva un gran fuoco che
        scaldava anche da lontano per cui, per non accalorarsi troppo bisognava
        indietreggiare continuamente. Morto il padre nessuno portava più legna
        a casa il fuoco diventò pian piano un focherello, poi un tizzone,
        infine una brace per cui per scaldarsi ci si doveva avvicinare sempre
        più al caminetto.  
         
        FILAMU 'A STUPPAFILAMU 'A STUPPA 
          
         Stuppa m’ha datu e stuppa t’he filàtu. 
         
          
        Oggi ripensavo a questo saggio proverbio caccurese che mi sembra
        azzeccatissimo per prendere amaramente atto della pochezza,
        dell'inconsistenza e della vacua arroganza con la quale hanno a che fare
        i poveri presidenti del Consiglio (ieri Conte,  oggi Draghi, domani
        qualche altro) costretti a governare questo pazzo, sciagurato,
        sfortunato paese, nato male 160 anni fa e finito anche peggio.  
            "Stuppa m'ha datu" ovvero  politici
        incapaci, corrotti, parolai, senza dignità e senza alcun legame con le
        masse, gli operai, gli impiegati, i medici, gli infermieri, gli
        sfruttati dei call center, i fattorini che oggi abbiamo ribattezzato
        rider perché se quando parli non ci metti qualche parola anglosassone
        nessuno ti prende in considerazione, i senzatetto, i braccianti
        sfruttati dai caporali, ma sempre pronti a insorgere contro qualsiasi
        ipotesi di patrimoniale per compiacere i riccastri ultramilionari, a
        opporsi allo ius soli, alle leggi contro l'omofobia e a mostrarsi proni
        agli imprenditori d'accatto vissuti sempre grazie agli aiuti di stato, e
        stuppa t'he filatu: riaperture "a rischio calcolato" come quei
        calcoli pluridecennali di rientro dal debito pubblico, condoni fiscali e
        restituzione del vitalizio ai galeotti. 
        
         
                               
        
        RICìA
        LA PICA MARINA: " 'A FATICA è 'NA RUVINA!" 
          
          
          
        Aria
        e parmentu omini centu 
         
           Credo non ci sia bisogno di alcun commento per un proverbio
        come questo: "trebbiare" a mano il grano e vendemmiare e
        produrre il mosto erano lavori faticosissimi e impegnativi,
        come quello negli antichi frantoi, che richiedevano molta manodopera, ma
        in compenso favorivano la socializzazione. Oggi vai in un frantoio e ci
        trovi un solo frantoiano col camice che scambi per un medico e ti scappa
        di chiamarlo dottore e se ti va di scambiare due chiacchiere puoi farlo
        col separatore a centrifuga. Però, in compenso, 'a pica marina non
        rompe più. 
         
         
                                                   
         UN
        PROVERBIO ROVESCIATO 
          
          
        L’ominu
        se canuscia  d' 'a parola e lu vove 'e re corna. (L'uomo si
        riconosce dalla parola data e il bue dalle corna). 
         
              Questo è il proverbio originale
        nell'ingenua formulazione dei nostri antenati, quando la parola data
        aveva ancora un valore, quando la carta bollata non era stata inventata,
        o, se c'era, se ne poteva fare a meno perché una stretta di mano, una
        promessa, un impegno preso valevano più di cento contratti. Oggi, alla
        luce del trasformismo politico e non solo, il proverbio andrebbe
        rovesciato perché ormai "il bue si riconosce dalla parola e l'uomo
        dalle corna." 
         
                                                 
        COGLI
        L'OCCASIONE 
          
        Si
        te prumintanu 'u pourcellu curra cu' lu toccarellu.  
         
        Eh, si, se ti
        promettono qualcosa di allettante non pensarci due volte, non lasciarti
        sfuggire l'occasione, coglila al volo, cosi come se ti promettono  un  maialino in regalo corri subito con un pezzo di corda (toccarullu)
        per legarlo e portartelo via.  
         
                                         
        LA
        DIGNITà DEI POVERI VERI                                             
         
          
         
        Miseria nun te
        spartere de mia ca t’ha trovatu  ‘nu
        bonu cumpagnu: ‘u jornu ni ne jàmu pe’ la via, la sira ne spartimu
        lu guaragnu. 
         
              Quanta pacata rassegnazione
        nell'accettare la propria condizione, quanta autoironia in questo nostro
        bellissimo proverbio, rassegnazione e autoironia che albergano soltanto
        nella povera gente, nella gente sana, onesta, che non "chiagne e
        fotte" come tanti truffatori dello Stato, evasori fiscali,
        imprenditori accattoni da sempre foraggiati con danaro pubblico e sempre
        pronti a piangere miseria.  
         
                                                             
        CACCIATORI E MADONNARI  
          
           
        Cacciaturi e pitta
        santi, sempre arreri e mai avànti! 
         
            Un altro bellissimo proverbio che ci ammonisce sulla
        inutilità, almeno dal punto di vista del guadagno, di alcune attività,
        in questo caso la pittura e la caccia. Secondo i nostri vecchi, infatti
        pittori (pitta santi, madonnari) e cacciatori non fanno affari, non
        progrediscono, anzi vanno sempre più in miseria. Una variante di un
        altro proverbio: " 'Un ne minti pisci 'tru panaru!"
        
         
          
                                                   
        
        NOBILTà
        E MISERIA 
          
        Puttane, cani ‘e caccia e
        cavalli ‘e carrozza, ‘na bona gioventù e mala vecchiezza. 
         
        Ancora un saggio aforisma dei nostri antenati che bisognerebbe sempre
        tenere presente nella vita anche quando si scelgono le professioni e
        quando si è giovani, gagliardi, nel pieno rigoglio e ci sembra di avere
        il mondo ai nostri piedi. Il senso è chiaro: le cortigiane, i cani da
        caccia, i cavalli da tiro sono destinati in gioventù, a fare una bella
        vita; nel lusso e nella buona società le prime; coccolati, ben nutriti,
        i secondi; tenuti nelle migliori rimesse, foraggiati con la migliore
        biada e agghindati i terzi, ma, a un certo punto, quando oramai la
        beltà sfiorisce, il cimurro incalza, le forze abbandonano il destriero
        e lo riducono a ronzino, tutto cambia. Per le cortigiane inizia un
        declino inesorabile, non più mantenute dai loro vecchi amanti, ignorate
        da tutti sono condannate alla solitudine, alla miseria e alla degrado i
        cani da caccia  vengono sistematicamente, specialmente di questi
        tempi, abbandonati dai loro padroni e costretti al randagismo e i
        cavalli abbattuti. Più o meno lo stesso destino di alcuni famosi
        calciatori o di certi politici dei nostri tempi passati rapidamente da
        martello a incudine, dall'irrisione degli avversari alla derisione da
        parte del popolo nel breve volgere di qualche luna. E' la vita,
        bellezza!  
          
                                                                     
        I VERI POTENTI 
          
          
        Tri su’ li potenti: ‘u papa, ‘u re e chine ‘un tena nente.
        
         
        
         
         
          
        Ancora una perla di saggezza dei nostri antenati che, però, mi
        fa riflettere un po' e mi fa pensare che forse, tra i tre si potrebbe
        fare anche una graduatoria.  Si,
        è vero che i due ai lati hanno l'autorità di comandare sui loro
        subordinati e che l'esercizio del potere, come recita una vecchio adagio
        napoletano è meglio di un piacevole esercizio che si può fare solo se
        si è in due, ma conservarlo ed esercitarlo a volte comporta un duro
        impegno, stress, pericoli e si vive sempre con la paura di perderlo,
        mentre quello al centro non ha di questi patemi d'animo, non si stressa,
        e vive serenamente la sua condizione e, come diceva Marx, l'unica cosa
        che può perdere sono le catene che lo levano alla miseria. Chi è più
        potente di chi non ha niente da perdere?  
        
         
                                                                                              
          
        
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