CASE E CACCURESI ILLUSTRI
di Peppino Marino
 

   Oggi L'Isola Amena (www.isolamena.it) inaugura una nuova rubrica dedicata ai caccuresi illustri e alle case nelle quali nacquero o vissero. Non è nelle nostre facoltà intitolare a questi grandi che diedero lustro e decoro al nostro paese una strada, magari quella nella quale era ubicata la loro dimora, Forse non servirà a molto, ma almeno fin quando L'Isola Amena sarà on line la loro memoria non andrà perduta e i nostri giovani e le future generazioni potranno conoscere un po' la storia di questa cittadina senza bisogno di inventarsene di taroccate.

 

                                                                                I FAZIO, DUE GRANDI  

     Oggi voglio parlarvi di due grandi personaggi caccuresi, padre che vissero in questa casa di via Portapiccola là dove incrocia via Misericordia proprio di fronte quella di nonno Peppino Marino. 
    Il primo, Vincenzo Fazio, classe 1866 fabbro, idraulico e fontaniere, fu a lungo impiegato comunale con l'incarico di sovrintendere alla rete idrica caccurese, ma oltre che essere un provetto artigiano fu un grande fotografo, il "Saverio Marra" caccurese, anzi, possiamo dire che il fotografo sangiovannese, più giovane di 28 anni, forse seguì le orme di quello caccurese. Vincenzo Fazio, per molti decenni, impressionò sulle sue lastre fatti e persone caccuresi, panorami, feste e sagre, momenti della vita politica e sociale della Caccuri dei primi decenni del XX secolo. Sono sue le foto che ci mostrano la sagra delle famiglie numerose, la visita del vescovo mons. Faggiani, le missioni dei padri passionisti, numerose processioni e le prime cartoline caccuresi tra le quali una del rione Croci appena nato. 
    Francesco Antonio, il figlio conosciuto come Antonio, oltre a essere un bravo insegnante elementare, professione che esercito prima per lunghi anni a Caccuri, poi a Crotone, fu un eccellente ebanista, intarsiatore, scultore e pittore. Molti suoi mobili arredano e arricchiscono diverse case crotonesi. Nei primissimi anni 60 scolpì la statua di San Luigi Gonzaga che donò alla parrocchia di Santa Maria delle Grazie nella cui chiesa si conserva tuttora. Tra le altre opere ricordo Il gobbo beone e La partita a carte, quadro nel quale raffigurò nonno Peppino Marino e l'agrimensore e perito agrario Antonio Loria impegnati in una memorabile partita a scopa. Antonio Fazio era una persona amabilissima e umilissima, di quell'umiltà tipica dei grandi. 

 

                                                                            FABRIZIO CHIODO (GIGI)
                                                                                       Cardiochirugo
                                                                          Caccuri 1419 - Pavia 30 ottobre 1480    

 

   Fabrizio Chiodo detto Gigi, caccurese, cardiologo, cardiochirurgo, naturalista, politico e sindacalista visse l'infanzia e la fanciullezza in questa casa di via XXIV Maggio di proprietà dei nonni Luigi Chiodo e Gelsomina Sellaro prima di "prendere il volo" per Roma, Bordeaux dove  ebbe modo anche di condurre alcune importanti ricerche e sperimentazioni, Parma e infine Palermo, città nelle quali compì gli studi, si laureò per poi specializzarsi in cardiochirurgia ed esercitare la professione, ma a questa casa e al suo paese rimase sempre profondamente legato e, ogni volta che gli impegni di lavoro glielo consentivano si fiondava a Caccuri per trascorrervi un periodo di riposo e dedicarsi alla sue amate ricerche naturalistiche.
Gigi, oltre a ad amare profondamente il suo lavoro di medico,  si interessava di botanica, di zoologia, di archeologia, di antropologia, oltre che della storia e delle tradizioni della sua gente.
   Gigi, mio carissimo compagno alle scuole elementari e inseparabile compagno di giochi, era una persona amabilissima, altruista, generosa, di grandissima intelligenza. Con Gigi, comunista fin nel midollo, condividevo la passione politica e sindacale, seppur con sfumature diverse, e la fede profonda nell'ateismo. Era nato il 1° agosto del 1951. Un infame destino lo fermò, improvvisamente, il 26 dicembre del 2008.
   Gigi era il padre dello scienziato Fabrizio Chiodo, uno dei ricercatori che hanno messo a punto il vaccino anticovid cubano Soberana e figlio di Alfonso, il primo sindaco comunista dopo la Liberazione. . 
 

                                                                                 CICCO SIMONETTA
                                                                 Segretario e primo ministro del Ducato di Milano
                                                                          Caccuri 1419 - Pavia 30 ottobre 1480    
                                                                            



   In questa casa di via Misericordia nacque nel 1410 Francesco Simonetta detto Cicco, il cacurese, assieme allo zio Angelo e al fratello Giovanni più conosciuto in Europa e fra gli storici e cripto analisti di tutto il mondo, l'uomo che fece la fortuna della Lombardia del XV secolo e che contribuì ad assicurare ai vari statarelli italiani in lungo periodo di pace. 
   Era figlio di Antonio di Gentile. La famiglia Simonetta amministrava i beni del conte Ruffo e quando Francesco Sforza sposò Polissena, figlia di Carlo Ruffo ebbe modo di conoscere e apprezzare Angelo, zio di Cicco nato a Caccuri verso la fine del XIV secolo e lo volle al suo servizio assieme al nipote futuro primo ministro e segretario del futuro duca  del duca di Milano. 
   Francsco Sforza era un uomo "di spada", un soldato, ma non aveva idea di come si organizzasse uno stato per cui si affidò alla saggezza, all'abilità e all'onestà di Cicco che creò dal nulla la Cancelleria, la Diplomazia e l'efficiente burocrazia "meneghina" della quale oggi si fanno vanto i leghisti. Cicco, capo del corpo diplomatico, diede anche un notevole impulso alla crittografia della quale si serviva per comunicare in codice con gli ambasciatori del Ducato spari per le varie corti italiane. Purtroppo, dopo la morte di Francesco e poi di Galeazzo Maria assassinato dal fratello l'illustre caccurese pagò con la testa la fedeltà al primogenito dello Sforza e la sua avversione al Moro che lo condannò a morte e lo fece decapitare sul rivellino del castello di Pavia la mattina del 30 ottobre 1480. 
  

                                                                Vincenzo Sgro
                                                              
Generale dell'esercito                                                                    
                                           
(
Caccuri 31/1/1932 - Palmanova 16/11/2007)

   Vincenzo Sgro, generale dell'esercito, nacque e visse per alcuni anni in questa casa di via Buonasera e una trentina di metri dal palazzo De Franco nel quale nacque e visse mons. Raffaele De Franco, arcivescovo di Chieti e Catanzaro e a una cinquantina di metri dalla casa gel generale di divisione Antonio Rizzo, il soldato più decorato dell'esercito italiano. Tre grandi personaggi caccuresi che onorarono il nostro paese nati e vissuti a poche decine di metri l'uno dall'altro.
   Il generale Sgro era figlio di mastro Francesco, valente artigiano caccurese, uomo pio e devoto, per molti anni priore della Congregazione del SS. Rosario,  e di Saveria Loria, secondo di 4 fratelli. Insieme a uno dei suoi più cari amici, Baldasarre De Marco, che diventerà poi professore di lettere e preside della scuola media di Caccuri, compie gli studi classici da privatista, sotto la guida dei professori Luigi e Francesco Antonio Fazio e del sacerdote don Pietro Scalise. Successivamente consegue la maturità liceale a Crotone, presso il liceo Pitagora, scuola che frequentò regolarmente. Successivamente entra nella famosa Accademia militare di Modena. Frequenta poi la Scuola di Applicazione di Torino e consegue il grado di tenente di artiglieria, prima di essere trasferito, nel 1957,  in Friuli Venezia Giulia, a Palmanova. Qui si svolge tutta la sua brillante carriera militare culminata con la promozione a generale. Nel 1988 è collocato in pensione.
   Vincenzo Sgro, oltre che essere un buon soldato, un uomo con uno spiccato senso del dovere e un rispetto profondo per le Istituzioni, fu anche un uomo generoso ed altruista, impegnato nelle associazioni di volontariato. Fu, infatti, il fondatore della delegazione della Croce Rossa di Palmanova e di una associazione che curava la riabilitazione di ragazzi portatori di handicap mediante l'ippoterapia. Nel 1992 divenne l'animatore e il responsabile di un campo profughi che accoglieva cittadini della ex Jugoslavia martoriata dalla guerra. Uomo generoso e dedito al prossimo, fu anche, per lungo tempo, donatore di sangue. Per i suoi meriti militari e per la sua generosa attività in favore della collettività gli furono conferite numerose onorificenze fra le quali il titolo di Commendatore della Repubblica Italiana.
    Seppur lontano, per moltissimi anni da Caccuri, rimase sempre profondamente legato al paese d'origine, alla sua gente, alle sue tradizioni, alla cultura dei padri e nel suo paesello tornava ogni volta che poteva.

 

                                                                             FRANCESCO MACRì
                                                                 
Medico condotto e ufficiale sanitario
                                                                           ( 14/4/1915  - 15/1/1973)



    In questa casa di via salita castello nacque e visse per molti anni, prima di trasferirsi in una casa di proprietà degli eredi dei notai Ambrosio a una trentina di metri di distanza, Francesco Carmine Domenico Macrì, per tutti don Ciccio, una delle persone più amate dai caccuresi che si spense all'improvviso il 15 dicembre del 1973 gettando nel dolore e nella costernazione l'intera popolazione caccurese. 
    Francesco Macrì, medico condotto e ufficiale sanitario era nato il 14 aprile del 1915 da Amedeo e da Angela Maria Pizzuti sorella di Lugi e Amedeo dipendenti del barone Barracco. Subito dopo la laurea, allo scoppio della seconda guerra mondiale fu chiamato alle armi e servì la patria da ufficiale medico. Catturato dai tedeschi fu internato in un campo di prigionia,  a Legnica ( Liegnitz) assieme al compaesano Domenico Longo detto Silvio che il commilitone medico tentò inutilmente di strappare alla morte per una TBC polmonare causata dagli stenti della progionia. Dopo a fine della guerra tornò a Caccuri dove esercitò la professione medica con zelo, passione e dedizione totale ai suoi pazienti fino all'ultimo istante della sua straordinaria vita.  Era il nipote del professore Francesco Macrì, ex direttore delle scuole italiane in Uruguay. 

 

                                                          ENRICO PIO DELBENE
                                                  Tenente colonnello dei Carabinieri
                               (Caccuri 11 settembre 1885  - Catanzaro 23 marzo 1971)




       Enrico
Del Bene nacque in questa casa di via Buonasera da Federico,  possidente, Presidente della Congregazione di Carità e membro della Commissione per l'istruzione obbligatoria istituita nel febbraio del 1909 e da Rosa Martucci, figlia di Giovanni, segretario comunale e sorella dell'ingegnere Stanislao. Arruolatosi nell'Arma dei carabinieri nel 1903, raggiunse rapidamente il grado d capitano e poi di tenente colonnello. Tra gli incarichi più prestigiosi l'ufficiale caccurese annoverava quello di Comandante della Scuola Carabinieri di Firenze. Dal 1938 al 1942 ricoprì anche la carica di Podestà di Caccuri.
      Il tenente colonnello Del Bene ottenne numerosi encomi e decorazioni a partire dal 1905 quando,  ricevette un encomio solenne perché “in occasione di terremoto disastroso dette bella prova in Calabria di coraggio e di filantropia adoperandosi efficacemente a soccorrere i danneggiati (Provincia delle Calabrie 1905)”. Per questi atti di coraggio e di abnegazione fu decorato con medaglia di bronzo al valor civile con la motivazione che “si adoperò con rischio della propria vita al salvataggio di persone pericolanti sotto le macerie – Catanzaro 8 settembre 1905)”.
   Dopo il pensionamento, prima di ritirarsi a Catanzaro, trascorse alcuni anni nella sua Caccuri, nella casa in foto, ma tutte le mattine, vestito alla cacciatora, col suo inseparabile fucile in spalla, lo zainetto di vimini e un fazzoletto di lino che fuorusciva dal berretto a protezione della nuca, si recava nella sua proprietà di Pilusella passando per via Vittorio Veneto, davanti casa mia dove sovente si fermava a chiacchierare con nonno Saverio che era stato affittuario per molti anni dell’orto di sua proprietà a  Pilusella.