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ADDIO
A ROSARIO COSCO, AMICO, CUGINO E COMPAGNO
CELEBRATI
I TRADIZIONALI RITI DELLE PALME
IL FATTO
IL Pd ALLA MANIFESTAZIONE DI DOMANI PER LA PACE
19
MARZO : U JORNU TUO, MA OGGI SAREBBE ANCHE "IL
SUO"
|
IL FATTO
ACCADDE DOMANI: NASCE A CACCURI FRANCECSO DOMENICO CARMINE MACRI',
MEDICO CONDOTTO E UFFICIALE SANITARIO.
Francesco
Carmine Domenico Macrì nacque
a Caccuri il 14 aprile del 1915 da Amedeo, falegname, e da Angela Maria
Pizzuti. Don Ciccio, com'era affettuosamente chiamato dai suoi pazienti
e compaesani, era il primo dei fratelli (il secondo era
l'indimenticabile professore Albertino) , conseguì la laurea in
medicina e chirurgia e, agli inizi degli anni ’50, al ritorno
dalla prigionia, divenne medico condotto e ufficiale sanitario del
paese. Subito dopo la laurea, allo scoppio della seconda guerra mondiale
fu chiamato alle armi e servì la patria da ufficiale medico. Catturato
dai tedeschi fu internato in un campo di prigionia, probabilmente a
Legnica ( Liegnitz) cittadina
attualmente in Polonia. Nello stesso capo era stato internato un altro
giovane caccurese, Silvio Longo che si spense nell'ospedale militare
russo allestito nella cittadina dopo la liberazione il 28 agosto
del 1945, .
La
professione medica, negli
anni '50 e '60 era molto faticosa perché il condotto doveva sopperire
alle carenze sanitarie. Non c’erano ancora guardie mediche, non
c'erano infermieri, spesso le farmacie erano perfino sprovviste dei
medicinali indispensabili alla cura di gravi malattie. Il medico doveva
davvero sapersela cavare, sia per diagnosticare efficacemente centinaia
di malattie senza poter leggere un’ecografia, un esame del sangue, un
elettrocardiogramma, sia per trovare rimedi efficaci in assenza di
farmaci. “Don Ciccio”, dapprima a cavallo di una Vespa, poi col una
vecchia Topolino, di notte, di giorno, con la pioggia, con la neve, col
caldo torrido, accorreva al capezzale dei suoi malati per curare
coliche, accessi di terzana.
Francesco Macrì non era solo un grande medico, ma era
anche un uomo di cultura, un umanista che coltivava le buone letture e
che, fino al giorno della morte, curava la propria formazione culturale
con lo stesso zelo con il quale curava i suoi pazienti. Nei primi giorni
di dicembre, nonostante avesse avuto diversi segnali che lasciavano
presagire un imminente attacco di cuore, Ciccio Macrì rifiutò di farsi
ricoverare in ospedale e continuò a fare la spola tra i suoi pazienti.
Era il periodo della crisi petrolifera, delle domeniche a piedi e la
Bianchina di don Ciccio era la sola macchina in circolazione nelle
strade del paese, tra tricicli, e automobiline di bambini che
approfittavano del blocco della circolazione per giocare liberamente in
strada. “Il medico del sorriso” si fermava spesso ad osservare,
divertito, ridendo fino alle lacrime, quei bambini, quei “diavoletti
di Cartesio”, come affettuosamente li definiva, che giocavano in
strada e sulla cui salute vigilava. L’andirivieni della piccola
utilitaria si interruppe tragicamente in una fredda mattina di dicembre,
quando un maledetto infarto spense quel sorriso, ma il ricordo di
quell’uomo dolce, buono e schivo è rimasto indelebile fra i suoi
assistiti.
LA DOLOROSA STORIA DI TRE EROI CACCURESI; I FRATELLI DARDANI
Oggi voglio raccontarvi la tragica storia di tre sfortunati caccuresi, tre
ragazzi che persero la vita nel
fiore degli anni per la stupidità degli uomini che scatenano guerre
stupide che, come sempre, devono combattere gli altri, quelli che non
hanno nessuna voglia di fare guerre e aspirerebbero solo a vivere in
pace coi loro simili. E’ la storia dei fratelli Dardani, una storia
che vi ho raccontato altre volte, ma, come dicevano i latini,
“repetita juvat”, soprattutto di questi tempi nei quali, per dirla
con Guccini,
“ E ancora tuona il cannone
E ancora non è contenta
E ancora ci porta il
vento.”
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili.
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Trilussa
Dardani
Fedele ( caCcuri 1916 - + Località imprecisata DELL’– Albania - data presunta 9
settembre 1943)
Fedele
Dardani
Fedele Dardani, di
Domenico e di Maria Rosa Urso, nato a Caccuri il 20 giugno 1916,
uno dei tre poveri fratelli tutti morti in circostanze tragiche, fu,
nella morte, forse il più sventurato dei tre. Di lui, infatti, non si
sa come e perché si trovasse in Albania, quando morì effettivamente e
quale fu la causa del decesso. Per tentare di fare una improbabile luce
sulla morte di questo povero caccurese bisogna affidarsi alla
Commissione interministeriale per la formazione e la ricostruzione di
atti di morte e di nascita non redatti o andati distrutti per eventi
bellici costituita in virtù del regio decreto 1520 dell’ottobre 1942
e del Decreto legislativo luogotenenziale n. 216 del 4 aprile 1948 che,
nella seduta del 20 dicembre 1961, scrive: “Dichiara che il
giorno 9 del mese di settembre del 1943 è deceduto in
Albania, alle ore non accertate, in età di anni ventisette, il Dardani
Fedele appartenente non militare , nato il 20 giugno 1916 a Caccuri,
residente in Caccuri in Via V. Veneto, figlio di Domenico e di Urso
Maria Rosa. Il suddetto Dardani Fedele è morto in seguito a cause
imprecisate di guerra ed è stato sepolto a si sconosce
Dardani Vincenzo – Oceano Atlantico (Isola dell’Ascensione) –
Piroscafo Laconia – 12 settembre 1942
Vincenzo
Dardani
Veramente commovente la storia di questo
povero soldato caccurese, componente di una famiglia di quattro figli
maschi, tre dei quali morti di morte violenta (due in guerra e il terzo,
carabiniere, in un agguato della banda del bandito Giuliano), una storia
tragica, quella di Vincenzo Dardani, condivisa con un altro
compaesano, Antonio Raimondo.
Vincenzo Dardani nacque a Caccuri da Domenico e da
Maria Rosa Urso, il 5 giugno del 1913. Il 28 marzo del 1933
sposò Falbo Peppina e andò ad abitare in rione Pizzetto. La loro breve
unione era stata allietata dalla nascita di due figli, prima
che il giovane padre venisse chiamato alle armi. Assegnato al 20°
Reggimento Fanteria, brigata Brescia, fu inviato in Egitto. Nel luglio
del 1942, nel corso della prima battaglia di El Alamein, Vincenzo
Dardani e Antonio Raimondo furono catturati dagli Inglesi i quali, ad un
certo punto, decisero di trasferire i prigionieri in Inghilterra. I due
soldati caccuresi furono imbarcati sul piroscafo Laconia, un
transatlantico della Cunard White Star Line di 20.000 tonnellate
comandato dal capitano Rudolf Sharp e adibito al trasporto delle truppe
e dei prigionieri. Il Laconia, con a bordo i due caccuresi, salpò dal
porto di Suez il 12 agosto 1942. A bordo, oltre 463 tra
ufficiali e uomini di equipaggio, 286 militari inglesi, 103 guardie
polacche e 80 tra donne e bambini, vi sono ben 1800 prigionieri italiani
delle divisioni Ariete, Brescia, Pavia, Trento, Trieste e Sabratha.
Le condizioni dei prigionieri, ammassati nelle stive, con razioni di
viveri inadeguate e solo due ore d’aria al giorno, erano state
durissime, ma la nave aveva percorso più di metà del tragitto. La
notte del 12 settembre del 1942 si trovava all’altezza
dell’isola di Ascensione, nel golfo di Guinea, quando venne
inquadrata nel periscopio del sommergibile tedesco U Boot
156, al comando del capitano Werner Hartensteiner che, considerandola un obiettivo
militare, gli spedì contro due siluri. La grande nave si inabissò due
ore dopo. L’equipaggio del sommergibile tedesco, dopo essere riemerso,
saputo che a bordo vi erano prigionieri italiani, si prodigò,
assieme a quello del sottomarino italiano Cappellini al comando del
tenente di vascello Marco Revedin, per salvarli, ma dei 1800 militari
italiani, se ne poterono salvare solo pochi e, tra questi, non
figuravano i due sventurati giovani caccuresi.
Secondo fonti autorevoli, i prigionieri italiani a bordo della nave
furono deliberatamente condannati a morte. Dalle
testimonianze dei superstiti risulta, infatti, che le guardie polacche
ricevettero l’ordine dagli Inglesi di chiudere gli italiani nelle
stive e di respingere con le armi coloro i quali tentavano di
raggiungere le lance di salvataggio decretandone, di fatto, la morte per
annegamento. Tardiva fu la disperata reazione dei superstiti che
riuscirono a sfondare i cancelli di sbarramento, nonostante i
colpi di baionetta e le fucilate a bruciapelo delle guardie polacche.
Alla fine i naufraghi recuperati furono in tutto 425.
Vincenzo Dardani e Antonio Raimondo furono poi dichiarati ufficialmente
morti dalla Commissione interministeriale per la formazione e la
ricostruzione di atti di morte e di nascita non redatti o andati
smarriti per eventi bellici, istituita ai sensi del Regio decreto 1520
del 20 ottobre 1942 e del Decreto legislativo luogotenenziale del 5
aprile 1946, n. 216. Per quanto riguarda Vincenzo l’atto di
morte presunta venne compilato il 31 agosto del 1962.
GIOVANNI DARDANI
Giovanni
Dardani, carabiniere nato a Caccuri il 27 giugno del 1918, era
figlio di Domenico e di Maria Rosa Urso, coniugato con Maria
Mele, sorella di Vincenzo, internato in Germania dove mori a seguito di
un bombardamento. Dardani morì a Palermo il 10 maggio del 1946,
nell’ospedale militare nel quale era stato ricoverato alcuni giorni
prima essendo stato gravemente ferito nel corso di un agguato ad una
camionetta di carabinieri ad opera della banda di Salvatore
Giuliano, il feroce bandito separazionista siciliano. Giovanni lasciò
la loglie e due figliolette in tenera età. Al giovane carabiniere fu
poi conferita la medaglia d’argento al valor militare. Nei primi anni
'90 gli fu intitolata la via che dal cancello di Villa San Marco arriva
alle case popolari.
Da
fancullo ho avuto la fortuna di conoscere i genitori di questi tre eroi
- Zu Domenico, sordo muto dalla nascita e poi in età avanzata
semi paralitico per un ictus, e la splendida za Maria Rosa,
cattolicissima e devotissima, erano persone umili, ganerosa, altruiste e
amabili. Ricordo la pazienza della carissima za Mara Rosa spesso vittima
delle birbanterie di noi ragazzini ( dificile trovare canaglie più
canaglie dei fanciulli quando decidono di infastidire gli anziani) che,
quando proprio non ne poteva più, "ci malediva" con questo
"anatema".: "te via iere 'ntru core 'e ra Marinna",
"possa tu essere accolto nel cuore della MAdonna".
Quando penso a lei sono portato ad associare il suo dolore a
quello della Madre di Cristo della quale za Maria Rosa era devotissima e
a pensare che il dolore della madre caccurese per la perdita di tre
figli, "tra robuste querce" nel fiore degli anni, sia stato
pari, se non ancor più atroce di quello dell'Addolorata sul Golgota.
Quando sentite nei prossimi gironi o nelle prossime settimane
sentirete qualche politico o qualche giornalista giornalista
cianciare di guerre, patria, riarmo, bandiere o confini pensate alle
tragiche storie di questi tre ragazzi e di tanti altri loro simili e
alle loro giovani vite bruciate per l'insania di spregevoli politici e
dittatori da strapazzo, alla terribile agonia di Vincenzo Dardani in
quelle maledette gabbie e magari fate vostri gli stupendi versi di
Jhon Lennon:
Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today
Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace.
IL Pd ALLA MANIFESTAZIONE DI DOMANI PER LA PACE
Ogni
tanto qualche buona notizia: la segretaria del mio partito che dichiara
che il PD parteciperà con una delegazione ufficiale alla manifestazione
per la pace di domani promossa dal M5S di Conte e il professore Cacciari
che invita la sinistra a non plaudire
agli
inviti al riarmo della Von Der Leyen sono ottime notizie.
Finalmente qualcuno comincia timidamente a dire qualcosa di sinistra.
Per uno come me che ha cominciato a fare
politica partecipando e organizzando manifestazioni per la pace nelle
quali, a differenza di molte di quelle di oggi, ognuno era libero di
portare la propria bandiera senza doversi nascondere o vergognarsi come
se fosse un ladro o un politico corrotto, queste sono davvero ottime
notizie che fanno ancora sperare che la ragione non sia stata del tutto
bandita e che l'incubo di un possibile olocausto nucleare possa essere
ancora scongiurato. Grazie, segretaria Schlein, sono felice e onorato di
avere sostenuto e di essermi battuto per la tua elezione e speriamo si
possa finalmente a cominciare a far chiarezza nel Partito, una chiarezza
che non potrà non giovarci e rafforzarci e grazie anche al professore
Cacciari
per questa "piccola, grande lezione" su quello che dovrebbe
essere il ruolo della sinistra in Italia e in Europa. Peccato non essere
domattina a Roma.
Auguri a un Giuseppe Speciale

In
questo giorno speciale nel quale si festeggiano tutti i Giuseppe e tutti
i papà, non potevano mancare gli auguri a un Giuseppe e, in
mancanza di un papà per ovvi motivi, a un nipote che rinnova la
tradizione dei "Giuseppe" nella famiglia Marino del quale
andiamo giustamente orgogliosi e che rappresenta il futuro, un Giuseppe
che dà un senso al cognome Marino essendo il primo della famiglia che
porta questo nome che sa finalmente nuotare. Per adesso in piscina
e al mare, ma, ne sono sicuro, saprà farlo ottimamente anche il quel
mare spesso procelloso che è la vita. Auguroni, caro nipote. Un
abbraccio
19
MARZO : U JORNU TUO, MA OGGI SAREBBE ANCHE "IL
SUO"
All'età di 4 - 5
anni mio padre cominciò a insegnarmi il concetto di onomastico che nel
dialetto caccurese diventa " 'u jornu" (il giorno): 'u jornu
'e Giuseppe, 'u jornu 'e Franciscu, 'u jornu 'e Maria etc. Quando papà
al mattino mi faceva gli auguri e mi diceva "Oje è lu jornu
tuo" e io, nella mia ingenuità di bambino pensavo che quel giorno
fosse solo mio e di nessun altro sulla terra, appartenesse solo a me e
che per 24 ore ero una specie di regnante al quale tutti gli abitanti
del paese tributavano il loro omaggio. Quando poi, verso le 11 passava
la processione del santo con la banda in testa perché allora San
Giuseppe era ancora un santo di serie A e non gli era stata inflitta la
seconda umiliazione, allora non avevo più dubbi e pensavo che il
festeggiato non fosse il falegname di Nazareth, ma il figlio del
falegname di Caccuri.
All'epoca i bottegai non avevano ancora inventato, oltre a a
tutte le altre feste, anche quella del papà per cu non potevo nemmeno
ricambiare gli auguri a quell'uomo meraviglioso, al più umile, al più
semplice , al più povero, ma nel contempo più generoso uomo che ho
conosciuto: Genuzzu Marino. Oggi che potrei e vorrei farglieli, non è
più possibile perché la vita, al di là della retorica e delle
ipocrisie dì una cultura clericale, è, tutto sommato, uno schifo, un
qualcosa di effimero , faticoso e doloroso. E Schopenhauer non aveva
davvero tutti i torti.
Auguroni a tutti i Giuseppe e a tutti i papà del
mondo
FILASTROCCA DELLA FAME NEL MONDO
di Peppino Marino
Filastrocca
delle campane
Per tutti
i bimbi che non hanno pane.
Manca il
pane, qui sulla Terra,
Ciò che
non manca mai è la guerra.
Soffre
il bambino della Nigeria;
nel suo
paese c’è tanta miseria,
mentre il
fanciullo della Sierra Leone
soffre
perché non fa colazione.
Il
bambino di Palestina
Gradirebbe
un po’ di pastina,
un gelato,
i canditi, i torroni,
invece
vive tra bombe e cannoni.
Filastrocca del girotondo,
combattiamo la fame nel mondo;
quando c’è fame non c’è mai pace,
la rabbia cresce; la rabbia non tace.
Filastrocca del baccalà
Si riaffermi la solidarietà;
la carità che non sia pelosa
ché la giustizia è un’altra cosa.
Rendiamo ai poveri il nostro maltolto
Perché per questo soffrono molto,
così la fame sparirà
e allora la pace trionferà.
L'ULTIMO
SALUTO A LUIGINO VENTURA

Caccuri ha dato oggi pomeriggio l'ultimo saluto a un dei sui più
illustri foigli degli ultimi decenni, Luigi Ventura. Dottore
in economia a commercio, ricercatore di storia locale e di
tradizioni popolari caccuresi, era il presidente della Fondazione Terzo
Millenio che si occupa da anni del recupero del patrimonio storico -
architettonico e monunumentale religioso con particolare riguardo alla
chiesa di Santa Maria del Soccorso già annessa al cinquecentesco
convento dei domenicani.
Luigi era una persona molto stimata, non solo nel suo paese, ma
anche in Lombardia, regione nella quale aveva fissato da alcuni decenni
la sua residenza, per l' equilibrio, il
carattere amabile, la serietà e l'impegno disinteressato per il
recupero dei monumenti, la cultura e la vita sociale del suo paese.
Negli ultimi decenni si è sempre speso generosamente per la missione
che si era scelto riuscendo, non solo a superare le oggettive
difficoltà che incontrava, ma a coinvolgere amici
e parenti nelle sue
attività.
Tra questi i fratelli Silvio e Gino Mastrocola, studiosi e figure
istituzionali della Lombardia, sua regione di adozione, l'Associazione
culturale Calabro lombarda
ed altri soggetti. Anch'io ho
avuto il privilegio di collaborare a molte sue iniziative rispondendo
sempre con entusiasmo alle sue chiamate.
La sua scomparsa è perciò una grave perdita, non solo per la
famiglia, i parenti, ma per tutta Caccuri. La prossima estate, il
prossimo agosto caccurese saranno certamente molo tristi senza la sua
presenza, senza sue interessanti iniziative realizzate, con pochi mezzi
e molto entusiasmo e generosità perché tra le tante doti di questo
intelligente caccurese, mi piace anche ricordare la sua capacità di
riuscire a fare "nozze sontuose con fichi secchi." Mi unisco
al coro degli amici che hanno avuto la possibilità, in occasione
delle esequie, di tessere le lodi di Luigi, lodi sicuramente
meritate.
Addio, caro amico e parente, Riposa in pace e grazie per tutto
quello che hai saputo generosamente donare alla tua famiglia, al i tuoi
amici, alla tua terra natale; grazie per la traccia profonda che hai
lasciato nella storia recente di questo paese.
LE PALME E LA FESTA DI MAYA: UN SOGNO E DUE IDEE PER FAR RIVIVERE
IL PAESE E LE SUE TRADIZIONI

Primavera
d'intono
brilla nell'aria
e per li campi esulta,
scrive Giacomo Leopardi nella sua stupenda poesia "Il passero
solitario", e stamattina, in un breve giretto nei dintorni della
mia abitazione a Zifarelli, complice un timido raggio di sole,
nonostante un'arietta fresca da nord ovest, che provocava ancora
qualche brivido di freddo, mi è parso cogliere nell'aria e nei prati
ricoperti dalla calendula e dall'euforbia cogliere l'arrivo della
stagione che coincide col risveglio di Maya, la dea della fecondità e
con ilritorno sulla terra di Proserpina.
Ho sempre amato la primavera, soprattutto quella caccurese,
anche perché a Caccuri a primavera si rinnovano due tradizioni
stupende, autentiche caccuresi, forse anche uniche che io sappia e che
affondano le radici nei secoli, una addirittura nei millenni: le palme
di cioccolatini e confetti portate in processione e benedette la
domenica delle palme e l'antica festa di Maya, la dea della fecondità e
del risveglio della natura alla quale il dio Vulcano,
ogni primo di maggio sacrificava una scrofa gravida affinché anche la
terra fosse gravida di frutti.
Le palme di cioccolatini in origine venivano confezionate e
regalate ai bambini nei primi 3 anni della loro vita dalla loro madrina
di battesimo. La domenica i genitori le portavano in processione al
calvario, assieme ai loro pargoletti per essere benedette. Il Sabato
Santo il padre del bambino, ricambiava il dono della palma con un
agnello che venia regalato alla madrina per festeggiare degnamente la
Pasqua. Questa tradizione è rimasta in auge fino a qualche decennio fa,
poi, perse il connotati storici, anche se tutt'ora si continua a
regalare le palme, anche se a regalarle molto spesso non sono più le
madrine di battesimo, ma le mamme , le nonne o le zie dei bambini.
Dell'antichissima festa pagana della dea Maya è rimasta qualche
traccia nella tradizione di addobbare gli usci delle nostre case con
rametti di spina Cristi, ginestra e achemilla in onore
dell'antica dea. I nostri antenati ritenevano il primo maggio,
giorno della festa di Maya, un giorno molto importate che poteva
influire positivamente o negativamente nella nostra vita per i mesi a
seguire. Per questo motivo, dopo aver addobbato gli usci per onorare la
dea della fecondità che doveva assicurare raccolti abbondanti, si
auguravano che al mattino presto la prima persona estranea a varcare
l'uscio fosse un giovinetto una ragazza giovane perché sarebbe
stato di buon auspicio e avrebbe garantito agli abitanti della casa
messi abbondanti, ricchezza, salute e fecondità. Perciò, se al
mattino presto bussavano alla porta fanciulli o fanciulle
venivano accolti festosamente e colmati di doni, ma se disgraziatamente
si presentava una persona anziana, soprattutto se a lutto e in
gramaglie, veniva scacciata malamente e maledetta perché sicuramente
avrebbe portato in quella casa miseria e morte.
Non so di preciso se qualcosa di analogo esista in altri
paesi della zona o della regione, ma ho sognato spesso un rilancio di
queste due bellissime tradizioni anche come possibile offerta turistico
- culturale sulla quale far leva per far rivivere il nostro paese.
Sarebbe bello se associazioni culturali, pro loco,
assessorati alla cultura e al turismo bandissero, per esempio, un
concorso per premiare le "palme più belle" (diciamo con una
"Palma d'oro caccurese" ) da esporre per qualche ora, dopo la
benedizione al Calvario, in qualche sala del castello o di altri locali
storici di proprietà del Comune ai visitatori e fotografi.
Analogamente ho immaginato molte volte l'organizzazione di una
festa della dea Maya attraverso un concorso per premiare l'uscio meglio
addobbato con spina, ginestra, aschemilla. Si potrebbe poi creare un
percorso magari attraverso il centro storico o anche il rione Croci per consentire
ai visitatori di ammirare gli addobbi e alla
giuria di prenderne visione per la valutazione. Lungo il percorso, negli
più angoli suggestivi ragazze e
ragazzi vestiti con costumi greci
potrebbero offrire ai visitatori assaggi di biscottini,
tartine al miele e (ambrosia) o di qualche vino dolce offerto da qualche
nostro produttore o, comunque, uno dei tanti primi vini calabresi
mentre altoparlanti dislocati nei punti strategici diffonderebbero
in sottofondo, a basso volume le note della Primavera di Vivaldi e del
Mattino di Grieg. Opportunamente pubblicizzate queste iniziative ,
magari integrate da qualche attività di animazione e altri
suggerimenti che potrebbero venire dall'
ìntelligente popolo caccurese per ricreare la magica atmosfera
dell'antica Magna Graecia, potrebbero diventare eventi a calendario
fisso per destagionalizzare e diversificare l'offerta turistica.
Io continuo a sognare queste cose sia per rivedere il mio paese vivo e
popolato, almeno per un altro paio di giorni all'anno, sia per veder
rivivere le nostre antiche e meravigliose tradizioni.
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ULTIME
NOTIZIE
21/04/2025
PAPA FRANCESCO NON è
PIù CON NOI
CI
LASCIA UN GIGANTE DI QUESTO MONDO E
DI QUESTO SECOLO. ADDIO A PAPA FRANCESCO - SANTO SUBITO

Se
ne è andato anche Papa Francesco. Par i credenti è morto il vescovo di
Roma, il rappresentante di Dio in terra. Per i non credenti è morto uno
degli uomini migliori comparsi sul pianeta negli ultimi secoli, un uomo
di pace, un uomo che si è speso fino all'ultimo respiro per il dialogo
tra i popoli, e per quello interreligioso, un Pastore che ha
saputo riportare i fedeli nelle chiese
predicando la povertà, l'umiltà, l'amore per gli ultimi, insomma la
dottrina sociale di Cristo come dovrebbero fare tutti quelli che di
professano cristiani a cominciare dai politici, soprattutto
quelli che si dichiarano cristiani. Certo, qualcun obietterà che
avrebbe dovuto fare di più, ma oggettivamente per la situazione
ereditata, gli ostacoli che vengono solitamente frapposti ai
riformatori, soprattutto in ambito religioso specialmente, quando si
toccano "temi sensibili" come la ricchezza, i privilegi,
l'arroganza dl potere e non solo politico,sono quasi insormontabili.
Papa Francesco è stato un papa, oserei dire
"rivoluzionario" la cui rivoluzione iniziò già pochi
minuti dopo la sua elezione con la decisione di di assumere il nome del
"poverello di Assisi" un santo che nonostante la retorica
ipocrita non mi sembra sia molto amato dalle gerarchie religiose, un
segnale forte e inequivocabile, un campanello
di allarme per chi della fede si è spesso servito per vivere nel lusso.
. La scomparsa di papa Francesco, il papa più illuminato nella storia
della Chiesa, è una perdita irreparabile non solo per la Chiesa,
ma anche per gli agnostici, gli atei, per il dialogo, per tutti gli
uomini gli uomini di buona volontà, per tutti gli operatori di pace di
tutto il mondo. Oggi perdiamo un gigante, un faro, un punto di
riferimento morale e politico. Poiché penso che, a differenza di quanto
successo in passato, non sentiremo nessuno gridare "Santo
subito", mi permetto di gridarlo io, anche se qualcuno obietterà
che uno come me non ne ha alcun titolo.
17/04/2025
LA CENA (L'APOSTULI)
Con
la lavanda dei piedi da parte del parroco a dodici fedeli che
rappresentano gli apostoli di Cristo, hanno avuto inizio, anche a
Caccuri, nella chiesa parrocchiale di Santa Mara delle Grazie, i riti
del triduo pasquale.
L'antichissima tradizione della lavanda dei piedi, in dialetto
conosciuta da secoli come "L'apostuli", è un rito che si
celebra all'interno della messa in Cena domini che ricorda
l'ultima cena e l'istituzione dell'eucarestia. La lavanda è un gesto di
umiltà narrato nel vangelo di Giovanni col quale Cristo volle insegnare
agli uomini l'umiltà e la fratellanza.
Nel secolo scorsoi caccuresi, soprattutto quelli meno abbienti, facevano
a gara per partecipare a questo
suggestivo rito che si concludeva con la consegna ai 12 apostoli del
"muccellatu" (pane buccellato, il pane azzimo della tradizione
ebraica) che poi veniva consumato con la famiglia il sabato santo o il
giorno di Pasqua accompagnandolo con la soppressata caccurese per uno
spuntino davvero delizioso. Quest'anno ho voluto assistere a questo
antichissimo rito per documentare questa nostra bellissima tradizione
che, mi auguro, non vada perduta come tante altre. Quest'anno, infatti,
credo per la prima volta nella storia caccurese, tra gli
"apostoli" figuravano anche alcune donne, visto che non si
riusciva a trovare dodici uomini disposti a fare da comparsa a
testimonianza del rischio che corrono le nostre tradizioni.

La
Lavanda secondo "Peppino Marino"
da "I GIDEI" (La Cena) di Peppino Marino
Pietro:
Parmi,
Signore mio, cosa non degna, che il Celeste Maestro dell’umil servo
suo terga le membra.
Cristo:
Tempo
non e’, mio buon Simone Pietro, che tu comprenda quanto or s’appresta
Sappi
soltanto che se il Figlio
dell’uomo non si fa servo, con sacra lavanda del suo fratello
dell’Eterno figlio, questi, che mai da me non fia diviso, non entrerà
giammai nel paradiso.
Pietro si
avvicina e si lascia lavare i piedi. Dopo averglieli asciugati Cristo
siede al tavolo e riprende..
Cristo:
Giunto
è il momento che comprender e’ d’uopo cio’ che si fece. Se il
Figlio dell’uomo
terse le membra dei diletti figli, certo è opportuno che i discepol
miei l’un l’altro si lavino a mia guisa; sol chi del suo fratel
servo diventa degno e’ del Padre mio!
Le parole di
Cristo sono seguite da qualche attimo di silenzio. Poi riprende il vocio
dei commensali. All’improvviso cala uno strano silenzio . La tensione
diventa palpabile e i discepoli si voltano a guardare Cristo.
Cristo:
La limpida acqua che le
membra terse puri vi fece e degni del Padre mio. Sol
un tra voi pur e’ fallace ed il Signore
tradirà’ con un
bacio.
16/04/2025
ADDIO
A ROSARIO COSCO, AMICO, CUGINO E COMPAGNO

Ho appreso con grande dolore la triste notizia della morte del carissimo
cugino e amico Rosario Cosco che si è spento nella mattinata di ieri, a
Crotone, dove risiedeva da alcuni decenni, Conobbi quest'uomo,
generoso, grande quanto umile, sempre al servizio dei lavoratori e dei
pensionati nei locali della Camera del Lavoro di Crotone presso
la quale Rosario era impiegato all'ufficio INCA. Negli anni 70, fra le
altre cose, facevo anche il corrispondente INCA da Caccuri per cui lo
incontravo ogni volta che portavo qualche domnada di
pensione, di disoccupazione o altre pratiche di patronato. Rimasi
subito colpito dalla sua gentilezza, dalla sua disponibilità e dalla
serietà con la quale seguiva le pratiche e dalla pazienza con la
quale sopportava le mie sollecitazioni e con la quale mi spiegava l'iter
delle varie pratiche e le difficoltà o i problemi che si presentavano
di volta in volta e tra noi nacque un'amicizia fraterna. Un giorno mi
disse che aveva dei parenti a Caccuri, ma che non sapeva chi fossero né
come si chiamassero e che gli sarebbe piaciuto conoscerli. Rimasi
un po' sopra pensiero poi gli risposi che, probabilmente, il sui
desideri stavano per realizzarsi e gli chiesi se conosceva alcune
persone di Petilia delle quali avevo sempre sentito parlare nella mia
famiglia come parenti e se avesse con loro rapporti di parentela.
Rosario rimase colpito e mi rispose che erano tutti suoi parenti, al che
gli dissi: "Il tuo desiderio si è realizzato: hai di fronte uno di
quei parenti caccuresi che stavi cercando", poi gli sciorinai i
nostri alberi genealogici dai quali emergeva che i nostri bisnonni
materni erano fratelli e che Ferdinando Belcastro, dal quale
discendevano i Belcastro di Petilia e quindi anche la madre, era un
caccurese, trasferitosi a Petilia in seguito al matrimonio con una
ragazza petilina ed era un fratello di Ciccillo Belcastro mio
bisnonno materno,. Rosario accolse la notizia con gioia e da allora
oltre alla stima come amici e compagni, anche se militavamo in partiti
diversi della sinistra, lui socialista, io comunista, ci legò anche il
rapporto di parentela. Qualche tempo dopo conobbi, anche grazie a lui, i
fratelli Francesco e Nino, intellettuali, persone di grande
cultura che danno da sempre lustro e decoro alla nobile Petilia. Da
qualche anno, purtroppo, dopo il suo pensionamento e la nascita dei
patronati on line che resero vano il mio impegno come corrispondente
INCA, ci incontravamo sempre più raramente. L'ultima volta è capitato
qualche mese fa per strada a Crotone e Rosario mi accennò a problemi si
salute che lo affliggevano, ma non sapevo della loro gravità. Poi
questa mattina, un amico mi ha comunicato la ferale notizia. Io e
la mia famiglia , profondamente addolorati, vogliamo far giungere alla
moglie, ai figli e ai cugini di Petilia le nostre più sentite
condoglianze. Vi siamo vicini col nostro affetto e conserveremo il
ricordo del cugino Rosario nel nostro cuore come uno dei più belli
della nostra esistenza. Addio, Rosario e grazie di tutto.
I funerali avranno luogo domani 17 aprile alle ore 9,45 nella chiesa di
San Paolo di Crotone muovendo dalla Casa funeraria Monea in via
Giovanni Paolo II (Ex via Cutro) 302.
13/04/2025
CELEBRATI I TRADIZIONALI RITI DELLE PALME

Celebrati anche a Caccuri i ritti della domenica delle Palme per
ricordare l'ingresso trionfale di Cristo a Gerusalemme la domenica
precedente la Pasqua ebraica. Qualche giorno dopo quello stesso popolo
che lo aveva accolto con le palme di ulivo e di alloro in segno di
onore, lo consegnerà alle Autorità religiose e politiche per essere
condannato a morte e, quando gli viene offerta la possibilità di
salvare "il Cristo" o Barabba, un patriota che si batteva
contro l'occupazione romana della Palestina e che per questo veniva
accusato di essere "un brigante", un pericoloso fuorilegge da
mettere a morte, gli preferì il "patriota" chiedendone la
Pilato la scarcerazione.
Sulle orme di un'antichissima tradizione, verso le
10,30, la processione, con in testa il parroco, ha raggiunto il Calvario
da qualche decennio riedificato in via Giovanni Dardani, di fronte la
chiesa di Santa Maria e del Soccorso e quindi il sagrato dello stesso
tempio dove il parroco ha provveduto alla benedizione delle palme prima
di ripartire alla volta della Chiesa parrocchiale per la celebrazione
della messa durante la quale si legge e si canta il Passio, ovvero la
parte del vangelo nella quale è narrata la Passione di Gesù
Cristo che viene appunto proclamata nella messa della domenica
delle Palme.
Purtroppo dalle case caccuresi sono quasi scomparse le
tradizionali palme di carta crespa addobbate con confetti e
cioccolatini che un tempo le madrine di battesimo confezionavano con
perizia e amore per regalarle ai figliocci nei primi tre anni della loro
vita e che venivano portate in processione la domenica delle palme per
essere benedette.
Quest'anno ne abbiamo visto solo due più qualche
"cestino" che da qualche hanno ha preso il posto delle
tradizionali palme ad alberello, ma che sono cosa diversa dalla
"parma" tradizionale tipica caccurese. Purtroppo prima delle
"parme", ormai da decenni, hanno cominciato a sparire "i
danti causa", cioè i bambini , sia per l' emigrazione che continua
a desertificare i paesi del Mezzogiorno tra i quali anche Caccuri, sia
per la ridotta prolificità delle coppie.
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