/

                                                         Notizie e commenti
                                                           
       Mercoledì  16 Aprile 2025

                                         Per l'archivio degli anni precedenti clicca sul globo 

                                                                              
Scrivi al sito          

                                                                   
                           
     

  ULTIME NOTIZIE

ADDIO A ROSARIO COSCO, AMICO, CUGINO E COMPAGNO 
CELEBRATI I TRADIZIONALI RITI DELLE PALME  

IL FATTO  

  IL Pd  ALLA MANIFESTAZIONE DI DOMANI PER LA PACE

19 MARZO :   U JORNU TUO, MA OGGI SAREBBE ANCHE "IL SUO"


 

 





 






 

                                                                        IL FATTO  

ACCADDE DOMANI: NASCE A CACCURI FRANCECSO DOMENICO CARMINE MACRI', MEDICO CONDOTTO E UFFICIALE SANITARIO.

Francesco Carmine Domenico Macrì nacque a Caccuri il 14 aprile del 1915 da Amedeo, falegname, e da Angela Maria Pizzuti. Don Ciccio, com'era affettuosamente chiamato dai suoi pazienti e compaesani,  era il primo dei fratelli (il secondo era l'indimenticabile professore Albertino) , conseguì la laurea in medicina e chirurgia e, agli inizi degli anni ’50,  al ritorno dalla prigionia, divenne medico condotto e ufficiale sanitario del paese. Subito dopo la laurea, allo scoppio della seconda guerra mondiale fu chiamato alle armi e servì la patria da ufficiale medico. Catturato dai tedeschi fu internato in un campo di prigionia, probabilmente a Legnica ( Liegnitz) cittadina attualmente in Polonia. Nello stesso capo era stato internato un altro giovane caccurese, Silvio Longo che si spense nell'ospedale militare russo allestito nella cittadina  dopo la liberazione il 28 agosto del 1945,  .
   La professione medica, neg
li anni '50 e '60 era molto faticosa perché il condotto doveva sopperire alle carenze sanitarie. Non c’erano ancora guardie mediche, non c'erano infermieri, spesso le farmacie erano perfino sprovviste dei medicinali indispensabili alla cura di gravi malattie. Il medico doveva davvero sapersela cavare, sia per diagnosticare efficacemente centinaia di malattie senza poter leggere un’ecografia, un esame del sangue, un elettrocardiogramma, sia per trovare rimedi efficaci in assenza di farmaci. “Don Ciccio”, dapprima a cavallo di una Vespa, poi col una vecchia Topolino, di notte, di giorno, con la pioggia, con la neve, col caldo torrido, accorreva al capezzale dei suoi malati per curare coliche, accessi di terzana.
 
Francesco Macrì non era solo un grande medico, ma era anche un uomo di cultura, un umanista che coltivava le buone letture e che, fino al giorno della morte, curava la propria formazione culturale con lo stesso zelo con il quale curava i suoi pazienti. Nei primi giorni di dicembre, nonostante avesse avuto diversi segnali che lasciavano presagire un imminente attacco di cuore, Ciccio Macrì rifiutò di farsi ricoverare in ospedale e continuò a fare la spola tra i suoi pazienti. Era il periodo della crisi petrolifera, delle domeniche a piedi e la Bianchina di don Ciccio era la sola macchina in circolazione nelle strade del paese, tra tricicli, e automobiline di bambini che approfittavano del blocco della circolazione per giocare liberamente in strada. “Il medico del sorriso” si fermava spesso ad osservare, divertito, ridendo fino alle lacrime, quei bambini, quei “diavoletti di Cartesio”, come affettuosamente li definiva, che giocavano in strada e sulla cui salute vigilava. L’andirivieni della piccola utilitaria si interruppe tragicamente in una fredda mattina di dicembre, quando un maledetto infarto spense quel sorriso, ma il ricordo di quell’uomo dolce, buono e schivo è rimasto indelebile fra i suoi assistiti.

          LA DOLOROSA STORIA DI TRE EROI CACCURESI; I FRATELLI DARDANI

Oggi voglio raccontarvi la tragica storia di tre sfortunati caccuresi, tre ragazzi che persero la vita  nel fiore degli anni per la stupidità degli uomini che scatenano guerre stupide che, come sempre, devono combattere gli altri, quelli che non hanno nessuna voglia di fare guerre e aspirerebbero solo a vivere in pace coi loro simili. E’ la storia dei fratelli Dardani, una storia che vi ho raccontato altre volte, ma, come dicevano i latini, “repetita juvat”, soprattutto di questi tempi nei quali, per dirla con Guccini, 
 E ancora tuona il cannone
   E ancora non è contenta
  E ancora ci porta il vento.”

   Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
 de li popoli civili.
 Ninna nanna, tu nun senti
 li sospiri e li lamenti
 de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
 a vantaggio de la razza
 o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
 ar Sovrano macellaro.

       Trilussa

Dardani Fedele  ( caCcuri 1916 - + Località imprecisata DELL’ Albania - data presunta 9 settembre 1943)

                                             
Fedele Dardani

 Fedele Dardani, di Domenico e di Maria Rosa Urso, nato a Caccuri il 20 giugno 1916, uno dei tre poveri fratelli tutti morti in circostanze tragiche, fu, nella morte, forse il più sventurato dei tre. Di lui, infatti, non si sa come e perché si trovasse in Albania, quando morì effettivamente e quale fu la causa del decesso. Per tentare di fare una improbabile luce sulla morte di questo povero caccurese bisogna affidarsi alla Commissione interministeriale per la formazione e la ricostruzione di atti di morte e di nascita non redatti o andati distrutti per eventi bellici costituita in virtù del regio decreto 1520 dell’ottobre 1942 e del Decreto legislativo luogotenenziale n. 216 del 4 aprile 1948 che, nella seduta del 20 dicembre 1961, scrive: “Dichiara che il giorno 9 del mese di settembre del 1943 è deceduto in Albania, alle ore non accertate, in età di anni ventisette, il Dardani Fedele appartenente non militare , nato il 20 giugno 1916 a Caccuri, residente in Caccuri in Via V. Veneto, figlio di Domenico e di Urso Maria Rosa. Il suddetto Dardani Fedele è morto in seguito a cause imprecisate di guerra ed è stato sepolto a si sconosce

 

Dardani Vincenzo – Oceano Atlantico (Isola dell’Ascensione) – Piroscafo Laconia – 12 settembre 1942  


            
Vincenzo Dardani

  Veramente commovente la storia di questo povero soldato caccurese, componente di una famiglia di quattro figli maschi, tre dei quali morti di morte violenta (due in guerra e il terzo, carabiniere, in un agguato della banda del bandito Giuliano), una storia tragica, quella di Vincenzo Dardani,  condivisa con un altro compaesano, Antonio Raimondo.
Vincenzo Dardani  nacque a Caccuri da Domenico e da Maria Rosa Urso,  il 5 giugno del 1913. Il 28 marzo del 1933 sposò Falbo Peppina e andò ad abitare in rione Pizzetto. La loro breve unione era stata allietata dalla nascita di due figli,  prima che il giovane padre venisse chiamato alle armi. Assegnato al 20° Reggimento Fanteria, brigata Brescia, fu inviato in Egitto. Nel luglio del 1942, nel corso della prima battaglia di El Alamein, Vincenzo Dardani e Antonio Raimondo furono catturati dagli Inglesi i quali, ad un certo punto, decisero di trasferire i prigionieri in Inghilterra. I due soldati caccuresi  furono imbarcati sul piroscafo Laconia, un transatlantico della Cunard White Star Line di 20.000 tonnellate comandato dal capitano Rudolf Sharp e adibito al trasporto delle truppe e dei prigionieri. Il Laconia, con a bordo i due caccuresi, salpò dal porto di Suez il 12 agosto 1942.  A bordo, oltre 463 tra ufficiali e uomini di equipaggio, 286 militari inglesi, 103 guardie polacche e 80 tra donne e bambini, vi sono ben 1800 prigionieri italiani delle divisioni Ariete, Brescia, Pavia, Trento, Trieste e Sabratha.
Le condizioni dei prigionieri, ammassati nelle stive, con razioni di viveri inadeguate e solo due ore d’aria al giorno, erano state durissime, ma la nave aveva percorso più di metà del tragitto. La notte del 12 settembre del 1942 si trovava all’altezza dell’isola di Ascensione, nel golfo di Guinea,  quando venne inquadrata nel periscopio del sommergibile tedesco U  Boot 156, al comando del capitano Werner Hartensteiner che, considerandola un  obiettivo militare, gli spedì contro due siluri. La grande nave si inabissò due ore dopo. L’equipaggio del sommergibile tedesco, dopo essere riemerso, saputo che a bordo vi erano prigionieri italiani,  si prodigò, assieme a quello del sottomarino italiano Cappellini al comando del tenente di vascello Marco Revedin, per salvarli, ma dei 1800 militari italiani, se ne poterono salvare solo pochi e, tra questi, non figuravano i due sventurati giovani caccuresi.
Secondo fonti autorevoli, i prigionieri italiani a bordo della nave furono deliberatamente  condannati a morte. Dalle testimonianze dei superstiti risulta, infatti, che le guardie polacche ricevettero l’ordine dagli Inglesi di chiudere gli italiani nelle stive e di respingere con le armi coloro i quali tentavano di raggiungere le lance di salvataggio decretandone, di fatto, la morte per annegamento. Tardiva fu la disperata reazione dei superstiti che riuscirono a sfondare i cancelli di sbarramento, nonostante  i colpi di baionetta e le fucilate a bruciapelo delle guardie polacche. Alla fine i naufraghi recuperati furono in tutto 425.
Vincenzo Dardani e Antonio Raimondo furono poi dichiarati ufficialmente morti dalla Commissione interministeriale per la formazione e la ricostruzione di atti di morte e di nascita non redatti o andati smarriti per eventi bellici, istituita ai sensi del Regio decreto 1520 del 20 ottobre 1942 e del Decreto legislativo luogotenenziale del 5 aprile 1946, n. 216.  Per quanto riguarda Vincenzo l’atto di morte presunta venne compilato il 31 agosto del 1962.

                                  GIOVANNI DARDANI

 

Giovanni Dardani, carabiniere nato a Caccuri il 27 giugno del 1918,  era figlio di Domenico e di Maria Rosa Urso,  coniugato con Maria Mele, sorella di Vincenzo, internato in Germania dove mori a seguito di un bombardamento. Dardani morì a Palermo il 10 maggio del 1946, nell’ospedale militare nel quale era stato ricoverato alcuni giorni prima essendo stato gravemente ferito nel corso di un agguato ad una camionetta di carabinieri ad opera  della banda di Salvatore Giuliano, il feroce bandito separazionista siciliano. Giovanni lasciò la loglie e due figliolette in tenera età. Al giovane carabiniere fu poi conferita la medaglia d’argento al valor militare. Nei primi anni '90 gli fu intitolata la via che dal cancello di Villa San Marco arriva alle case popolari.

Da fancullo ho avuto la fortuna di conoscere i genitori di questi tre eroi -  Zu Domenico, sordo muto dalla nascita e poi in età avanzata semi paralitico per un ictus, e la splendida za Maria Rosa, cattolicissima e devotissima, erano persone umili, ganerosa, altruiste e amabili. Ricordo la pazienza della carissima za Mara Rosa spesso vittima delle birbanterie di noi ragazzini ( dificile trovare canaglie più canaglie dei fanciulli quando decidono di infastidire gli anziani) che, quando proprio non ne poteva più, "ci malediva" con questo "anatema".: "te via iere 'ntru core 'e ra Marinna", "possa tu essere accolto nel cuore della MAdonna".
  Quando penso a lei sono portato ad associare il suo dolore a quello della Madre di Cristo della quale za Maria Rosa era devotissima e a pensare che il dolore della madre caccurese per la perdita di tre figli, "tra robuste querce" nel fiore degli anni, sia stato pari, se non ancor più atroce di quello dell'Addolorata sul Golgota. 

  Quando sentite nei prossimi gironi o nelle prossime settimane sentirete qualche  politico o qualche giornalista giornalista cianciare di guerre, patria, riarmo, bandiere o confini pensate alle tragiche storie di questi tre ragazzi e di tanti altri loro simili e alle loro giovani vite bruciate per l'insania di spregevoli politici e dittatori da strapazzo, alla terribile agonia di Vincenzo Dardani in quelle maledette gabbie  e magari fate vostri gli stupendi versi di Jhon Lennon: 

Imagine there's no heaven
It's easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today
Imagine there's no countries
It isn't hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace.

           IL Pd  ALLA MANIFESTAZIONE DI DOMANI PER LA PACE 

 Ogni tanto qualche buona notizia: la segretaria del mio partito che dichiara che il PD parteciperà con una delegazione ufficiale alla manifestazione per la pace di domani promossa dal M5S di Conte e il professore Cacciari che invita la sinistra a non plaudire agli
inviti al riarmo della  Von Der Leyen sono ottime notizie. Finalmente qualcuno comincia timidamente a dire qualcosa di sinistra. Per uno come me che ha cominciato a
fare politica partecipando e organizzando manifestazioni per la pace nelle quali, a differenza di molte di quelle di oggi, ognuno era libero di portare la propria bandiera senza doversi nascondere o vergognarsi come se fosse un ladro o un politico corrotto, queste sono davvero ottime notizie che fanno ancora sperare che la ragione non sia stata del tutto bandita e che l'incubo di un possibile olocausto nucleare possa essere ancora scongiurato. Grazie, segretaria Schlein, sono felice e onorato di avere sostenuto e di essermi battuto per la tua elezione e speriamo si possa finalmente a cominciare a far chiarezza nel Partito, una chiarezza che non potrà non giovarci e rafforzarci e grazie anche al professore Cacciari 
per questa "piccola, grande lezione" su quello che dovrebbe essere il ruolo della sinistra in Italia e in Europa. Peccato non essere domattina a Roma. 

 

                                                  Auguri a un Giuseppe Speciale



 In questo giorno speciale nel quale si festeggiano tutti i Giuseppe e tutti i papà, non potevano mancare gli auguri a un Giuseppe  e, in mancanza di un papà per ovvi motivi,  a un nipote che rinnova la tradizione dei "Giuseppe" nella famiglia Marino del quale andiamo giustamente orgogliosi e che rappresenta il futuro, un Giuseppe che dà un senso al cognome Marino essendo il primo della famiglia che porta questo nome  che sa finalmente nuotare. Per adesso in piscina e al mare, ma, ne sono sicuro, saprà farlo ottimamente anche il quel mare spesso procelloso che è la vita. Auguroni, caro nipote. Un abbraccio

  19 MARZO :   U JORNU TUO, MA OGGI SAREBBE ANCHE "IL SUO"

All'età di 4 - 5 anni mio padre cominciò a insegnarmi il concetto di onomastico che nel dialetto caccurese diventa " 'u jornu" (il giorno): 'u jornu 'e Giuseppe, 'u jornu 'e Franciscu, 'u jornu 'e Maria etc. Quando papà al mattino mi faceva gli auguri e mi diceva "Oje è lu jornu tuo" e io, nella mia ingenuità di bambino pensavo che quel giorno fosse solo mio e di nessun altro sulla terra, appartenesse solo a me e che per 24 ore ero una specie di regnante al quale tutti gli abitanti del paese tributavano il loro omaggio. Quando poi, verso le 11 passava la processione del santo con la banda in testa perché allora San Giuseppe era ancora un santo di serie A e non gli era stata inflitta la seconda umiliazione, allora non avevo più dubbi e pensavo che il festeggiato non fosse il falegname di Nazareth, ma il figlio del falegname di Caccuri.  
  All'epoca i bottegai non avevano ancora inventato, oltre a a tutte le altre feste, anche quella del papà per cu non potevo nemmeno ricambiare gli auguri a quell'uomo meraviglioso, al più umile, al più semplice , al più povero, ma nel contempo più generoso uomo che ho conosciuto: Genuzzu Marino. Oggi che potrei e vorrei farglieli, non è più possibile perché la vita, al di là della retorica e delle ipocrisie dì una cultura clericale, è, tutto sommato, uno schifo, un qualcosa di effimero , faticoso e doloroso. E Schopenhauer non aveva davvero tutti i torti.

Auguroni a tutti i Giuseppe e a tutti i papà del mondo

 

                FILASTROCCA DELLA FAME NEL MONDO
                               di Peppino Marino

Filastrocca delle campane

Per tutti i bimbi che non hanno pane.

Manca il pane, qui sulla Terra,

Ciò che non manca mai è la guerra.

 Soffre il bambino della Nigeria;

nel suo paese c’è tanta miseria,

mentre il fanciullo della Sierra Leone

soffre perché non fa colazione.

 Il bambino di Palestina

Gradirebbe un po’ di pastina,

un gelato, i canditi, i torroni,

invece vive tra bombe e cannoni.

 Filastrocca del girotondo,

combattiamo la fame nel mondo;

quando c’è fame non c’è mai pace,

la rabbia cresce; la rabbia non tace.

Filastrocca del baccalà

Si riaffermi la solidarietà;

la carità che non sia pelosa

ché la giustizia è un’altra cosa.

 Rendiamo ai poveri il nostro maltolto

Perché per questo soffrono molto,

così la fame sparirà

e allora la pace trionferà.

 

 

 

 

 

L'ULTIMO SALUTO A LUIGINO VENTURA


  Caccuri ha dato oggi pomeriggio l'ultimo saluto a un dei sui più illustri foigli degli ultimi decenni,  Luigi Ventura.  Dottore in economia  a commercio, ricercatore di storia locale e di tradizioni popolari caccuresi, era il presidente della Fondazione Terzo Millenio che si occupa da anni del recupero del patrimonio storico - architettonico e monunumentale religioso con particolare riguardo alla chiesa di Santa Maria del Soccorso  già annessa al cinquecentesco convento dei domenicani. 
  Luigi era una persona molto stimata, non solo nel suo paese, ma anche in Lombardia, regione nella quale aveva fissato da alcuni decenni la sua residenza, per l' equilibrio,
il carattere amabile, la serietà e l'impegno disinteressato per il recupero dei monumenti, la cultura e la vita sociale del suo paese. Negli ultimi decenni si è sempre speso generosamente per la missione che si era scelto riuscendo, non solo a superare le oggettive difficoltà che incontrava, ma a coinvolgere amici e parenti  nelle sue attività. 
Tra questi i fratelli Silvio e Gino Mastrocola, studiosi e figure istituzionali della Lombardia, sua regione di adozione, l'Associazione culturale Calabro lombarda  
ed altri soggetti.  Anch'io ho avuto il privilegio di collaborare a molte sue iniziative rispondendo sempre con entusiasmo alle sue chiamate. 
  La sua scomparsa è perciò una grave perdita, non solo per la famiglia, i parenti, ma per tutta Caccuri. La prossima estate, il prossimo agosto caccurese saranno certamente molo tristi senza la sua presenza, senza sue interessanti iniziative realizzate, con pochi mezzi e molto entusiasmo e generosità perché tra le tante doti di questo intelligente caccurese, mi piace anche ricordare la sua capacità di riuscire a fare "nozze sontuose con fichi secchi." Mi unisco al coro degli amici che hanno avuto la possibilità, in occasione  delle esequie, di tessere le lodi di Luigi, lodi sicuramente meritate. 
  Addio, caro amico e parente, Riposa in pace e grazie per tutto quello che hai saputo generosamente donare alla tua famiglia, al i tuoi amici, alla tua terra natale; grazie per la traccia profonda che hai lasciato nella storia recente di questo paese. 



 LE PALME E LA FESTA DI MAYA: UN SOGNO E DUE IDEE PER FAR RIVIVERE IL PAESE E LE SUE TRADIZIONI



Primavera d'intono
brilla nell'aria
e per li campi esulta, 

scrive Giacomo Leopardi nella sua stupenda poesia "Il passero solitario", e stamattina, in un breve giretto nei dintorni della mia abitazione a Zifarelli, complice un timido raggio di sole, nonostante un'arietta fresca da  nord ovest, che provocava ancora qualche brivido di freddo, mi è parso cogliere nell'aria e nei prati ricoperti dalla calendula e dall'euforbia cogliere l'arrivo della stagione che coincide col risveglio di Maya, la dea della fecondità e con ilritorno sulla terra di Proserpina. 
   Ho sempre amato la primavera, soprattutto quella caccurese, anche perché a Caccuri a primavera si rinnovano due tradizioni stupende, autentiche caccuresi, forse anche uniche che io sappia e che affondano le radici nei secoli, una addirittura nei millenni: le palme di cioccolatini e confetti portate in processione e benedette la domenica delle palme e l'antica festa di Maya, la dea della fecondità e del risveglio della natura alla quale il dio
Vulcano, ogni primo di maggio sacrificava una scrofa gravida affinché anche la terra fosse gravida di frutti.
  Le palme di cioccolatini in origine venivano confezionate e regalate ai bambini nei primi 3 anni della loro vita dalla loro madrina di battesimo. La domenica i genitori le portavano in processione al calvario, assieme ai loro pargoletti per essere benedette. Il Sabato Santo il padre del bambino, ricambiava il dono della palma con un agnello che venia regalato alla madrina per festeggiare degnamente la Pasqua. Questa tradizione è rimasta in auge fino a qualche decennio fa, poi, perse il connotati storici, anche se tutt'ora si continua a regalare le palme, anche se a regalarle molto spesso non sono più le madrine di battesimo, ma le mamme , le nonne o le zie dei bambini. 
  Dell'antichissima festa pagana della dea Maya è rimasta qualche traccia nella tradizione di addobbare gli usci delle nostre case con rametti di spina Cristi, ginestra e achemilla in
onore dell'antica  dea. I nostri antenati ritenevano il primo maggio, giorno della festa di Maya, un giorno molto importate che poteva influire positivamente o negativamente nella nostra vita per i mesi a seguire. Per questo motivo, dopo aver addobbato gli usci per onorare la dea della fecondità che doveva assicurare raccolti abbondanti, si auguravano che al mattino presto la prima persona estranea a varcare l'uscio fosse un giovinetto  una ragazza giovane perché sarebbe stato di buon auspicio e avrebbe garantito agli abitanti della casa messi abbondanti,  ricchezza, salute e fecondità. Perciò, se al mattino presto bussavano alla porta  fanciulli o  fanciulle venivano accolti festosamente e colmati di doni, ma se disgraziatamente si presentava una persona anziana, soprattutto se a lutto e in gramaglie, veniva scacciata malamente e maledetta perché sicuramente avrebbe portato in quella casa miseria e morte. 
   Non so di preciso se qualcosa di analogo esista in altri paesi della zona o della regione, ma ho sognato spesso un rilancio di queste due bellissime tradizioni anche come possibile offerta turistico - culturale sulla quale far leva per far rivivere il nostro paese. 
   Sarebbe bello se associazioni culturali, pro loco, assessorati alla cultura e al turismo bandissero, per esempio, un concorso per premiare le "palme più belle" (diciamo con una "Palma d'oro caccurese" ) da esporre per qualche ora, dopo la benedizione al Calvario, in qualche sala del castello o di altri locali storici di proprietà del Comune ai visitatori e fotografi. 
  Analogamente ho immaginato molte volte l'organizzazione di una festa della dea Maya attraverso un concorso per premiare l'uscio meglio addobbato con spina, ginestra, aschemilla. Si potrebbe poi creare un percorso magari attraverso il centro storico o anche il rione Croci per
consentire ai visitatori di ammirare gli addobbi e alla giuria di prenderne visione per la valutazione. Lungo il percorso, negli più angoli suggestivi ragazze e ragazzi vestiti con costumi greci potrebbero offrire ai visitatori assaggi di biscottini, tartine al miele e (ambrosia) o di qualche vino dolce offerto da qualche nostro produttore o, comunque, uno dei tanti primi vini calabresi mentre  altoparlanti dislocati nei punti strategici diffonderebbero in sottofondo, a basso volume le note della Primavera di Vivaldi e del Mattino di Grieg. Opportunamente pubblicizzate queste iniziative , magari integrate da qualche attività di animazione e  altri suggerimenti che potrebbero venire dall' ìntelligente popolo caccurese per ricreare la magica atmosfera dell'antica Magna Graecia, potrebbero diventare eventi a calendario fisso per destagionalizzare e diversificare l'offerta turistica.  Io continuo a sognare queste cose sia per rivedere il mio paese vivo e popolato, almeno per un altro paio di giorni all'anno, sia per veder rivivere le nostre antiche e meravigliose tradizioni. 



             

 

                                 

ULTIME NOTIZIE     

21/04/2025 

                   PAPA FRANCESCO NON è PIù CON NOI 

 CI  LASCIA UN GIGANTE DI QUESTO MONDO E  DI QUESTO SECOLO. ADDIO A PAPA FRANCESCO - SANTO SUBITO 


   Se ne è andato anche Papa Francesco. Par i credenti è morto il vescovo di Roma, il rappresentante di Dio in terra. Per i non credenti è morto uno degli uomini migliori comparsi sul pianeta negli ultimi secoli, un uomo di pace, un uomo che si è speso fino all'ultimo respiro per il dialogo tra i popoli,  e per quello interreligioso, un Pastore che ha saputo riportare  i fedeli nelle chiese predicando la povertà, l'umiltà, l'amore per gli ultimi, insomma la dottrina sociale di Cristo come dovrebbero fare tutti quelli che di professano cristiani a cominciare dai politici, soprattutto quelli che si dichiarano cristiani. Certo, qualcun obietterà che avrebbe dovuto fare di più, ma oggettivamente per la situazione ereditata, gli ostacoli che vengono solitamente frapposti ai riformatori, soprattutto in ambito religioso specialmente, quando si toccano "temi sensibili" come la ricchezza, i privilegi,  l'arroganza dl potere e non solo politico,sono quasi insormontabili. Papa Francesco è stato  un papa, oserei dire "rivoluzionario" la cui rivoluzione  iniziò già pochi minuti dopo la sua elezione con la decisione di di assumere il nome del "poverello di Assisi" un santo che nonostante la retorica ipocrita non mi sembra sia molto amato dalle gerarchie religiose, un segnale forte e inequivocabile, un campanello di allarme per chi della fede si è spesso servito per vivere nel lusso. . La scomparsa di papa Francesco, il papa più illuminato nella storia della Chiesa,  è una perdita irreparabile non solo per la Chiesa, ma anche per gli agnostici, gli atei, per il dialogo, per tutti gli uomini gli uomini di buona volontà, per tutti gli operatori di pace di tutto il mondo.  Oggi perdiamo un gigante, un faro, un punto di riferimento morale e politico. Poiché penso che, a differenza di quanto successo in passato, non sentiremo nessuno gridare "Santo subito", mi permetto di gridarlo io, anche se qualcuno obietterà che uno come me non ne ha alcun titolo.   


17/04/2025 

                                               LA CENA (L'APOSTULI)

 
Con la lavanda dei piedi da parte del parroco a dodici fedeli che rappresentano gli apostoli di Cristo, hanno avuto inizio, anche a Caccuri, nella chiesa parrocchiale di Santa Mara delle Grazie, i riti del triduo pasquale. 
  L'antichissima tradizione della lavanda dei piedi, in dialetto conosciuta da secoli come "L'apostuli", è un rito che si celebra all'interno della messa in  Cena domini che ricorda l'ultima cena e l'istituzione dell'eucarestia. La lavanda è un gesto di umiltà narrato nel vangelo di Giovanni col quale Cristo volle insegnare agli uomini  l'umiltà e la fratellanza.  
Nel secolo scorsoi caccuresi, soprattutto quelli meno abbienti, facevano a gara per
partecipare a questo suggestivo rito che si concludeva con la consegna ai 12 apostoli del "muccellatu" (pane buccellato, il pane azzimo della tradizione ebraica) che poi veniva consumato con la famiglia il sabato santo o il giorno di Pasqua accompagnandolo con la soppressata caccurese per uno spuntino davvero delizioso. Quest'anno ho voluto assistere a questo antichissimo rito per documentare questa nostra bellissima tradizione che, mi auguro, non vada perduta come tante altre. Quest'anno, infatti, credo per la prima volta nella storia caccurese, tra gli "apostoli" figuravano anche alcune donne, visto che non si riusciva a trovare dodici uomini disposti a fare da comparsa a testimonianza del rischio che corrono le nostre tradizioni. 


                     La Lavanda secondo "Peppino Marino"
                       
da "I GIDEI" (La Cena) di Peppino Marino

Pietro:

Parmi,                              Signore mio, cosa non degna, che il Celeste Maestro dell’umil servo suo terga le membra.

 Cristo:                            Tempo non e’, mio buon Simone Pietro, che tu comprenda quanto or s’appresta
Sappi soltanto che  se il Figlio dell’uomo non si fa servo, con sacra lavanda del suo fratello dell’Eterno figlio, questi, che mai da me non fia diviso, non entrerà giammai nel paradiso.

 Pietro si avvicina e si lascia lavare i piedi. Dopo averglieli asciugati Cristo siede al tavolo e riprende..

 

Cristo:                          Giunto è il momento che comprender e’ d’uopo cio’ che si fece. Se il  Figlio dell’uomo terse le membra dei diletti figli, certo è opportuno che i discepol miei l’un l’altro si lavino a mia guisa; sol chi del suo fratel servo diventa degno e’ del Padre mio!

 Le parole di Cristo sono seguite da qualche attimo di silenzio. Poi riprende il vocio dei commensali. All’improvviso cala uno strano silenzio . La tensione diventa palpabile e i discepoli si voltano a guardare Cristo.

 

                     Cristo:           La limpida acqua che le membra terse puri vi fece e degni del Padre mio. Sol                                               un tra voi pur e’ fallace ed il Signore tradirà’ con un bacio.

 

16/04/2025 

 ADDIO A ROSARIO COSCO, AMICO, CUGINO E COMPAGNO 


  Ho appreso con grande dolore la triste notizia della morte del carissimo cugino e amico Rosario Cosco che si è spento nella mattinata di ieri, a Crotone, dove risiedeva da alcuni decenni,  Conobbi quest'uomo, generoso, grande quanto umile, sempre al servizio dei lavoratori e dei pensionati nei locali della Camera del Lavoro di Crotone presso la quale Rosario era impiegato all'ufficio INCA. Negli anni 70, fra le altre cose, facevo anche il corrispondente INCA da Caccuri per cui lo incontravo ogni volta che  portavo qualche domnada di pensione,  di disoccupazione o altre pratiche di patronato. Rimasi subito colpito dalla sua gentilezza, dalla sua disponibilità e dalla serietà con la quale seguiva le pratiche  e dalla pazienza con la quale sopportava le mie sollecitazioni e con la quale mi spiegava l'iter delle varie pratiche e le difficoltà o i problemi che si presentavano di volta in volta e tra noi nacque un'amicizia fraterna. Un giorno mi disse che aveva dei parenti a Caccuri, ma che non sapeva chi fossero né come si chiamassero e che gli sarebbe piaciuto  conoscerli. Rimasi un po' sopra pensiero poi gli risposi che, probabilmente, il sui desideri stavano per realizzarsi e gli chiesi se conosceva alcune persone di Petilia delle quali avevo sempre sentito parlare nella mia famiglia come parenti e se avesse con loro rapporti di parentela. Rosario rimase colpito e mi rispose che erano tutti suoi parenti, al che gli dissi: "Il tuo desiderio si è realizzato: hai di fronte uno di quei parenti caccuresi che stavi cercando", poi gli sciorinai i nostri alberi genealogici dai quali emergeva che i nostri bisnonni materni erano fratelli e che Ferdinando Belcastro, dal quale discendevano i Belcastro di Petilia e quindi anche la madre, era un caccurese, trasferitosi a Petilia in seguito al matrimonio con una ragazza petilina  ed era un fratello di Ciccillo Belcastro mio bisnonno materno,. Rosario accolse la notizia con gioia e da allora oltre alla stima come amici e compagni, anche se militavamo in partiti diversi della sinistra, lui socialista, io comunista, ci legò anche il rapporto di parentela. Qualche tempo dopo conobbi, anche grazie a lui, i fratelli Francesco e Nino,  intellettuali, persone di grande cultura che danno da sempre lustro e decoro alla nobile Petilia. Da qualche anno, purtroppo, dopo il suo pensionamento e la nascita dei patronati on line che resero vano il mio impegno come corrispondente INCA, ci incontravamo sempre più raramente. L'ultima volta è capitato qualche mese fa per strada a Crotone e Rosario mi accennò a problemi si salute che lo affliggevano, ma non sapevo della loro gravità. Poi questa mattina, un amico  mi ha comunicato la ferale notizia. Io e la mia famiglia , profondamente addolorati, vogliamo far giungere alla moglie, ai figli e ai cugini di Petilia le nostre più sentite condoglianze. Vi siamo vicini col nostro affetto e conserveremo il ricordo del cugino Rosario nel nostro cuore come uno dei più belli della nostra esistenza. Addio, Rosario e grazie di tutto. 
I funerali avranno luogo domani 17 aprile alle ore 9,45 nella chiesa di San Paolo  di Crotone muovendo dalla Casa funeraria Monea in via Giovanni Paolo II (Ex via Cutro) 302.  

13/04/2025 

   CELEBRATI I TRADIZIONALI RITI DELLE PALME



  Celebrati anche a Caccuri i ritti della domenica delle Palme per ricordare l'ingresso trionfale di Cristo a Gerusalemme la domenica precedente la Pasqua ebraica. Qualche giorno dopo quello stesso popolo che lo aveva accolto con le palme di ulivo e di alloro in segno di onore, lo consegnerà alle Autorità religiose e politiche per essere condannato a morte e, quando gli viene offerta la possibilità di salvare "il Cristo" o Barabba, un patriota che si batteva contro l'occupazione romana della Palestina e che per questo veniva accusato di essere "un brigante", un pericoloso fuorilegge da mettere a morte, gli preferì il "patriota" chiedendone la Pilato la scarcerazione.
    Sulle orme di un'antichissima tradizione, verso le 10,30, la processione, con in testa il parroco, ha raggiunto il Calvario da qualche decennio riedificato in via Giovanni Dardani, di fronte la chiesa di Santa Maria e del Soccorso e quindi il sagrato dello stesso tempio dove il parroco ha provveduto alla benedizione delle palme prima di ripartire alla volta della Chiesa parrocchiale per la celebrazione della messa durante la quale si legge e si canta il Passio, ovvero la parte del vangelo nella quale è  narrata la Passione di Gesù Cristo che viene appunto proclamata nella messa della domenica delle  Palme. 
   Purtroppo dalle case caccuresi sono quasi scomparse le tradizionali palme  di carta crespa addobbate con confetti e cioccolatini che un tempo le madrine di battesimo confezionavano con perizia e amore per regalarle ai figliocci nei primi tre anni della loro vita e che venivano portate in processione la domenica delle palme per essere benedette. 
  Quest'anno ne abbiamo visto solo due più qualche "cestino" che da qualche hanno ha preso il posto delle tradizionali palme ad alberello, ma che sono cosa diversa dalla "parma" tradizionale tipica caccurese. Purtroppo prima delle "parme", ormai da decenni, hanno cominciato a sparire "i danti causa", cioè i bambini , sia per l' emigrazione che continua a desertificare i paesi del Mezzogiorno tra i quali anche Caccuri, sia per la ridotta prolificità delle coppie. 

 

     

 



  




CARI AMICI


                                                           Per inviare il vostro contributo cliccate sulla busta