Zirri, trene, tiritocchite e zuchi |
I recenti riti della Settimana Santa, grazie ad una lodevole
iniziativa dei fratelli Pitaro, hanno riportato in vita, nel
nostro paese, le “trene” e i “zirri”, gli antichissimi
strumenti musicali di legno il cui suono costituì, per secoli, la
colonna sonora della processione del Venerdì Santo, quando quelli
delle campane e dei campanelli venivano banditi a causa del lutto
della chiesa per la morte del Redentore. Trene e zirri e
tiritocchite non sono, comunque, gli unici strumenti creati
dall’inventiva dei popoli meridionali; altri ve ne sono, infatti,
molto originali e suggestivi. ‘U zirru, meglio conosciuto come raganella o tric trac, è costituito da una scatoletta di legno a forma di parallelepipedo di cui una faccia viene trasformata in una lamina di legno fatta vibrare da una ruota dentata che gira attorno a un perno che funge anche da impugnatura dello strumento. In tal modo si produce un suono secco e prolungato udibile anche da notevole distanza. La tradizione ne attribuisce l’invenzione ad Archita di Taranto, filosofo, matematico e scienziato vissuto tra i V e il IV secolo avanti Cristo.
La trena è una variante molto più rumorosa dello zirru ed è costituita da una cassa di legno sulla quale vengono fissati dei martelletti di legno vibranti azionati, alternativamente, da una manovella. Ogni vola che uno o più martelli colpiscono la cassa producono un suono cupo e forte, amplificato dalla cassa come la cassa armonica di un contrabbasso.
Altro strumento molto curioso era la tiritocchita costituita da una
tavoletta di legno a forma di paletta che terminava con una
impugnatura. A questa tavoletta, forata nella zona in prossimità
del manico, ne venivano attaccate altre mediante una legatura
grossolana con dello spago. Muovendo
vigorosamente il manico le tavolette battevano l’una contro l’altra
producendo un caratteristico
suono.
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