Mio fratello
faceva l’aviatore,
gli diedero un giorno una carta.
Egli ha fatto i suoi bagagli.
La rotta verso Sud era segnata.
Mio fratello è un conquistatore.
Il nostro popolo ha bisogno
di spazio. E procurarsi delle terre
è per noi un vecchio sogno.
Mio fratello ha conquistato lo spazio nel massiccio del Guadarrama.
E’ lungo un metro e ottanta,
è fondo un metro e cinquanta.
B. Brecht
Come potevamo noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore
Tra i morti abbandonati nelle piazze
Sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
D'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
Della madre che andava incontro al figlio
Crocifisso sul palo del telegrafo ?
Alle fronde dei salici per voto
Anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo
Fischia il vento, urla
la bufera
scarpe rotte eppur bisogna andar
Canto popolare
"Lungo le sponde
del mio torrente voglio che scendano i lucci argentati, non più i
cadaveri dei soldati portati in braccio dalla corrente".
Così dicevi ed era
d'Inverno e come gli altri, verso l'inferno te ne vai triste come chi
deve ed il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati Piero, fermati
adesso, lascia che il vento ti passi un po' addosso, dei morti in
battaglia ti porti la voce, chi diede la vita ebbe in cambio una croce.
Fabrizio De Andrè
Gesù piccino piciò,
Gesù Bambino alla deriva,
se questa guerra deve proprio farsi fa che non sia cattiva.
Tu che le hai viste tutte e sai che tutto non è ancora niente,
se questa guerra deve proprio farsi fa che non la faccia la gente.
E poi perdona tutti quanti, tutti quanti tranne qualcuno,
e quando poi sarà finita fa che non la ricordi nessuno.
Francesco De Gregori
Generale, il tuo
carro armato
è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.
Bertolt Brecht
Ci sono cose da non
fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.
Gianni Rodari
Ombra
Rieccovi accanto a me
Compagni miei morti in guerra
Oliva del tempo
Ricordi che ormai fate un ricordo solo
Come cento pelli fanno una sola pelliccia
Come queste migliaia di ferite fanno un solo articolo di giornale.
Guillaume Apollinaire
Filastrocca
della bestia umana
Filastrocca
della vecchia Terra
per gli animali che non fan più la guerra.
da molto tempo il cane e il gatto
Han stipulato un curioso patto
che, alla luce dell’esperienza,
rende piacevole la convivenza:
più non s’azzuffano, sono felici,
vivono in pace e da buoni amici
ed alla vecchia aggressività
han preferito la solidarietà.
Anche
col topo il moderno gatto
han
stipulato il medesimo patto
e ora il piccolo roditore
vive tranquillo e senza il terrore
di servire da bocconcino
al feroce nemico felino.
La
colomba e lo sparviero
solcano insieme lo stesso cielo
ed il lupo quasi protegge
pecore, agnelli e l’intero gregge.
Per
le bestie dell’universo
farsi la guerra ora è tempo perso;
meglio la pace e la vita serena
che l’odio, il rancore, il dolore, la pena.
Solo
una bestia fa ancora la guerra:
un essere immondo che infesta la Terra,
il più crudele, il più feroce
dal cuore nero e dall’animo truce.
Ammazza i suoi simili senza pietà
Per cupidigia, per avidità,
ma sempre in nome della libertà,
della giustizia, dell’uguaglianza
e per il mondo non c’è più speranza.
Giuseppe Marino
Storie
di alcuni caduti caccuresi nella 2^ Guerra mondiale
La seconda guerra mondiale, combattuta dal 1939 al
1945 (dal 1940 al 1945 per l'Italia) fu la più spaventosa carneficina
che l'Umanità abbia mai concepito e messo in atto, un conflitto spaventoso che
produsse decine di milioni di morti, altri milioni di orfani, di vedove
di mutilati ed invalidi, lutti, devastazioni, malattie, fame, patimenti.
In cinque anni di combattimenti fu bruciata la migliore gioventù
dell'Europa, dell'America e dell'Asia, una risorsa umana inestimabile
macellata sui campi di battaglia, bruciata nei crematori degli aguzzini
nazisti, consumata negli ospedali e nei lazzaretti tra dolore,
sofferenza, lacrime e sangue. Migliaia e migliaia di paesi e città
furono completamente distrutti dai bombardamenti; fabbriche, ospedali,
scuole, ponti, ferrovie ridotti ad ammassi di macerie, mentre le
malattie, prime tra tutte la malaria e la TBC si diffondevano nelle
nostre contrade fino a diventare endemiche.
Nel corso del conflitto persero la vita anche molti
nostri compaesani, alcuni in battaglia, altri a seguito di malattie
contratte nei campi di prigionia per gli stenti, il freddo e la fame.
Riteniamo, perciò, doveroso tramandare il ricordo di questi nostri
"eroi loro malgrado" affinché il loro sacrificio non
sia stato inutile e perché le giovani generazioni riflettano
sull'inutilità e sulla stupidità di tutte le guerre.
In questa pagina ho cercato di ricostruire le storie
di alcuni di loro per i quali sono riuscito a reperire documenti ed
informazioni. La pagina rimane, comunque "aperta", nel senso
che, ove riuscissi a scovare notizie relative agli altri caduti o qualche
familiare di altri caduti volesse inviarmi del materiale, non mancherò
di aggiornarla. Ringrazio il
professor Arcangelo Rugiero, lo zio Peppino Rugiero, le signore Pierina
Longo, Costanza Falbo e Nina Lacaria per la loro preziosa collaborazione.
Elenco dei caduti caccuresi nella 2^ Guerra
mondiale 1940 – 45
1)Aiello
Luigi 2)Ambrosio
Vincenzo 3)Chindamo
Raffaele 4)Dardani
Fedele 5)Dardani
Vincenzo 6)Fazio
Domenico 7)Iacometta
Giuseppe 8)Longo
Domenico 9)Loria
Domenico 10)Loria
Salvatore 11)Mazzei Domenico 12) Mele Vincenzo 13) Militerno Luigi 14) Oliverio Andrea 15) Parrotta Alessandro 16) Pasculli Francescantonio 17) Raimondo Antonio 18) Scigliano Giuseppe, disperso in Russia 19) Silletta Pasquale
20) Spatafora Antonio 21) Spatafora Giovanni 22) Succurro Vincenzo
Nell'elenco sono
compresi anche i dispersi in guerra e i soldati morti a seguito di
malattie contratte in guerra.
Dardani Vincenzo –
Oceano Atlantico
(Isola dell’Ascensione) – Piroscafo Laconia – 12 settembre 1942
Vincenzo
Dardani
Veramente commovente la storia di
questo povero soldato caccurese, componente di una famiglia di quattro
figli maschi, tre dei quali morti di morte violenta (due in guerra e il
terzo, carabiniere, in un agguato della banda del bandito Giuliano), una
storia tragica, quella di Vincenzo Dardani, condivisa con un altro compaesano, Antonio Raimondo. Vincenzo
Dardaninacque
a Caccurida Domenico
e da Maria Rosa Urso, il
5 giugno del 1913. Il 28 marzo del 1933
sposò Falbo Peppina e andò ad abitare in rione Pizzetto. La loro breve
unione era stata allietata dalla nascita di due figli, prima
che il giovane padre venisse chiamato alle armi. Assegnato al 20°
Reggimento Fanteria, brigata Brescia, fu
inviato in Egitto. Nel luglio del 1942, nel corso della prima battaglia
di El Alamein, Vincenzo Dardani e Antonio Raimondo furono catturati
dagli Inglesi i quali, ad un certo punto, decisero di trasferire i
prigionieri in Inghilterra. I due soldati caccuresi furono
imbarcati sul piroscafo Laconia, un transatlantico della Cunard White
Star Line di 20.000 tonnellate comandato dal capitano Rudolf Sharp e
adibito al trasporto delle truppe e dei prigionieri. Il Laconia, con a
bordo i due caccuresi, salpò dal porto di Suez il 12 agosto 1942.A bordo, oltre 463 tra ufficiali e uomini di equipaggio, 286
militari inglesi, 103 guardie polacche e 80 tra donne e bambini, vi sono
ben 1800 prigionieri italiani delle divisioni Ariete, Brescia, Pavia,
Trento, Trieste e Sabratha.
Le condizioni dei prigionieri, ammassati nelle stive, con razioni di
viveri inadeguate e solo due ore d’aria al giorno, erano state
durissime, ma la nave aveva percorso più di metà del tragitto. La
notte del 12 settembre del 1942
si trovava all’altezza dell’isola di Ascensione, nel golfo di
Guinea, quando venne
inquadrata nel periscopio del sommergibile tedesco U Boot
156, al comando del capitano Werner Hartensteiner che, considerandola unobiettivo militare, gli spedì contro due siluri. La grande nave
si inabissò due ore dopo. L’equipaggio del sommergibile tedesco, dopo
essere riemerso, saputo che a bordo vi erano prigionieri italiani, si
prodigò, assieme a quello del sottomarino italiano Cappellini al
comando del tenente di vascello Marco Revedin, per salvarli, ma dei 1800
militari italiani, se ne poterono salvare solo pochi e, tra questi, non
figuravano i due sventurati giovani caccuresi.
Secondo fonti autorevoli, i prigionieri italiani a bordo della nave
furono deliberatamentecondannati
a morte. Dalle testimonianze dei superstiti risulta, infatti, che le
guardie polacche ricevettero l’ordine dagli Inglesi di chiudere gli
italiani nelle stive e di respingere con le armi coloro i quali
tentavano di raggiungere le lance di salvataggio decretandone, di
fatto, la morte per annegamento. Tardiva fu la disperata reazione dei
superstiti che riuscirono a sfondare i cancelli di sbarramento,
nonostante i colpi di
baionetta e le fucilate a bruciapelo delle guardie polacche. Alla fine i
naufraghi recuperati furono in tutto 425.
Vincenzo Dardani e Antonio Raimondo furono poi dichiarati ufficialmente
morti dalla Commissione interministeriale per la formazione e la
ricostruzione di atti di morte e di nascita non redatti o andati
smarriti per eventi bellici, istituita ai sensi del Regio decreto 1520
del 20 ottobre 1942 e del Decreto legislativo luogotenenziale del 5
aprile 1946, n. 216. Per
quanto riguarda Vincenzo l’atto di morte presunta venne compilato il
31 agosto del 1962.
Il
piroscafo Laconia
Raimondo
Antonio - Oceano
Atlantico (Isola dell’Ascensione) – Piroscafo Laconia – 12
settembre 1942
La
storia di Antonio
Raimondo è
uguale in tutto e per tutto a quella di Vincenzo Dardani. Antonio era
nato a Caccuri il 24
luglio del 1918 da Rocco
Vincenzo e da Maria Oliverio.
Ed era sposato con Elisa
Spatafora.
Anch’egli fu arruolato nel 20° Reggimento fanteria, catturato nella
prima battaglia di El Alamein ed imbarcato sul piroscafo Laconia che
avrebbe dovuto portarlo in Inghilterra. Purtroppo anchela sua vita fu stroncata da due siluri tedeschi, dal cinismo
degli inglesi e dall’ottusità delle guardi polacche. La sua morte fuufficialmente dichiarata il 5 novembre del 1960 dalla Commissione
interministeriale per la formazione e la ricostruzione di atti di morte
e di nascita non redatti o andati smarriti per eventi bellici
Militerno
Luigi - Oceano
Atlantico (Isola dell’Ascensione) – Piroscafo Laconia – 12
settembre 1942
Secondo quanto riferito a Giuseppe Rugiero, Luigi Militerno
Vincenzo
Ambrosio, avvocato,
tenente, comandante del reparto
Arditi
del 231° Reggimento della Brigata Avellino,
era partito in guerra come volontario, il
20 febbraio 1941. La stessa notte dell’arrivo partecipa ad un’azione
di guerra ricevendo un encomio dal colonnello. Poi è tutto un
susseguirsi di audaci azioni. Sopporta freddo, patimenti, stenti, ma
trova la forza di scrivere quasi quotidianamente ai genitori ed ai
fratelli anch’essi arruolati. Il giorno fatale del 10
marzo 1941 Vincenzo
attacca per ben tre volte una munitissima postazione nemica. Al terzo
assalto è colpito a morte. I suoi soldati lo portano al riparo e lui è
ancora lucido e cosciente dell’imminente fine, nel mentre continua ad
impartire ordini per la continuazione dell’azione. Poco dopo
sopraggiunge la morte.
Mele Vincenzo –
Mulheim(Ruhr) – Germania-20 - 03 - 1943
Vincenzo Mele, di
Pasquale e di Maria Antonia Falboera nato a Caccuri il 10 agosto 1922. Chiamato
alle armi, fu assegnato al 3° Reggimento artiglieri d’armata, 3^
batteria di stanza a Reggio Emilia, assieme al compaesano Giuseppe
Rugiero fratello del grande invalido di guerra Carmine Salvatore.
Vincenzo Mele
Da lì i due furono inviati in Grecia, sempre col 3° Reggimento, ma
questa volta al 14° gruppo, 41^ batteria. In una località di fronte
l’isola di Eubea. Rastrellato in Grecia dai tedeschi subito dopo
l’armistizio di Cassibile, fu internato, sempre insieme al compaesano
Rugiero, in Germania come (Italienische Militär- Internierten), operaio
sussidiario e qui assegnato alle dipendenze di una impresa edile in una
località nei pressi di Mulheim nella regione della Ruhr in via
Elisabettenstrassen. 30.
Giuseppe Rugiero, invece, finì alle dipendenze di una ditta boschiva ad
un paio di chilometri di distanza. I
due giunsero nel paesino tedesco l’11 dicembre del 1944. Verso la metà
di marzo Vincenzo e Peppino si separarono per raggiungere i rispettivi
datori di lavoro, anche se si tenevano in contatto come potevano, anche
a mezzo di altri commilitoni. Ma la tragedia oramai incombeva. Alle
8,19 del 20 marzo 1943, due squadriglie di aerei inglesi ed americani
attuarono un bombardamento a tappeto proprio sul borgo nel quale il
giovane caccurese era al lavoro. Vincenzo,
che non era riuscito a raggiungere un rifugio, fu tra le vittime
dell’attacco e venne
sepolto in luogo sconosciuto. Giuseppe, da lontano, assistette al
bombardamento trepidando per la sorte dell’amico, ma
con un atroce presentimento che poi, purtroppo, si rivelò fondato.
Vincenzo Mele (a
sinistra) e Giuseppe Rugiero a Reggio Emilia
Dardani
Fedele –
Albania (Località
imprecisata) data presunta 9 settembre 1943
Fedele Dardani
Fedele
Dardani, di
Domenico e di Maria Rosa Urso, nato a Caccuri il
20 giugno 1916, uno dei tre poveri fratelli
tutti morti in circostanze tragiche, fu, nella morte, forse il più
sventurato dei tre. Di lui, infatti, non si sa come e perché si
trovasse in Albania, quando morì effettivamente e quale fu la causa del
decesso. Per tentare di fare una improbabile luce sulla morte di questo
povero caccurese bisogna affidarsi alla Commissione interministeriale
per la formazione e la ricostruzione di atti di morte e di nascita non
redatti o andati distrutti per eventi bellici costituita in virtù del
regio decreto 1520 dell’ottobre 1942 e del Decreto legislativo
luogotenenziale n. 216 del 4 aprile 1948 che, nella seduta del 20
dicembre 1961, scrive:
“Dichiara che il giorno 9 del mese di
settembre del 1943 è deceduto in Albania,
alle ore non accertate, in età di anni ventisette, il Dardani Fedele
appartenente non militare , nato il 20 giugno
1916 a
Caccuri, residente in Caccuri in Via V. Veneto, figlio di Domenico e di
Urso Maria Rosa. Il suddetto Dardani Fedele è morto in seguito a cause
imprecisate di guerra ed è stato sepolto a si sconosce
Chindamo
Raffaele -Taurianova – 10 – 05- 1943
Raffaele
Chindamo
Raffaele
Chindamo, di
Saverio e di Guglielma Belcastro, era nato a Caccuri il 13
maggio 1907. Da
ragazzo era stato vittima di un incidente automobilistico per cui era
leggermente claudicante. Per questo motivo, in un primo tempo, era
stato esonerato dal servizio di leva, ma quando la più sanguinosa delle
guerre mai combattute entrò nel vivo, non si andò più tanto peril sottile e nel dicembre del 1942, all’età di 35 anni,fu comunque chiamato alle armi, ma, poiché si trovava a Merano
(BZ) per motivi di lavoro, si determinarono una serie di disguidi per
cui parti per la caserma alla quale era stato assegnato solo nel
febbraio del 1943, qualche settimana dopo aver contratto il suo secondo
matrimonio. Destinato a Gioia Tauro (RC), fu adibito a mansioni interne.
La sera del 9 maggio 1943 montò di sentinella. Alla fine del suo turno,
secondo la versione ufficiale, ebbe il
cambio da un commilitone, tale Diruzza
Domenico. Raffaele,
dopo il cambio, si avviò verso la camerata,ma, mentre si
allontanava, decise di accendersi una sigaretta e, non avendo
fiammiferi, pensò di tornare indietro e chiederli al commilitone appena
montato di guardia. Il Diruzza, accortosi che qualcuno si avvicinava
alla postazione, intimò per due volte il “chi va là” e, non avendo
ricevuto risposta, esplose alcuni colpi di fucile che attinsero il
soldato caccurese alla spalla. Almeno questa fu la ricostruzione
ufficiale dell’accadutoche
non convinse mai completamente gli altri commilitoni. Ferito gravemente,
fu ricoverato nell’ospedale di Taurianova, dove morì il 10
maggio 1943.
Oliverio
Andrea
-Oschiri (Olbia) – 15- 09 - 1944
Andrea
Oliverio,di Gaetano Giovanni e Rosa Oliverio,
era nato a Caccuri il 26 febbraio del
1921. Chiamato alle armi come
soldato di sanità, fu assegnato, ironia del destino, proprio
all’Ospedale militare territoriale di riserva di Oschiri nel quale si
spense, all’età di 23 anni, alle
ore 22,30 del 19 settembre
1944, a
seguito di una infezione malarica recidiva accertata complicata da
enterocolite acuta mico – sanguinolenta. Fu sepolto nel cimitero
comunale di Oschiri, Zona RE, fossa n. 41.
(Mazzei
Domenico – Campo di concentramento della Bessarabia –
15-01-1945
(data
presunta ai sensi del DL 216 del 1946)
Domenico
Mazzei, di Antonio e di Costanza Spatafora, soldato della 361^ Batteria
costiera da 155/14, chiuse la sua esistenza, all’età di 35 anni, il
15 gennaio 1945 (trattasi di data presunta ai sensi del DL 216 del
1946), nel campo di concentramento della Bessarabia (Romania) a causa di
una polmonite. Era nato a Caccuri il 30 ottobre del 1909 e abitava in
via Misericordia.
Longo
Domenico – Centro
italiano di raggruppamento di prigionieri e deportati di Liegnitz –
28- 08-1945
Domenico
Longo detto Silvio
Domenico Longo
era
nato a Caccuri il 28 settembre del 1923
da Vincenzo Longo e da Domenica Gallo. Chiamato alle armi allo scoppio
della guerra, fu arruolato nell’artiglieria e spedito sul fronte
greco. Catturato dai
Tedeschi, fu deportato in Germania,e avviato in un campo di prigionia per essere assegnato al lavoro
coatto. Qui, per le pessime condizioni di vita imposta dagli aguzzini
nazisti, contrasse una TBC polmonare per cui fu ricoverato nel
lazzaretto di Zeithain (Sassonia) Liberato
dai russi il 17 aprile del 1945,
fu trasferito nell’Ospedale militare russo di Liegnitz (Legnica),
Polonia, dove si spense il 28 agosto del
1945.Tra
i commilitoni figurava un certo Quinto Cariati, di Sant’Andrea dello
Ionio di qualche anno più giovane che gli rimase accanto fino alla
fine. Fu proprio Quinto Cariati a raccontare gli ultimi giorni di vita
dello sfortunato soldato caccurese sepolto, secondo l’amico nel centro
del cimitero di Legnica, dopo un funerale regolare celebrato dal
cappellano militare il quale, saputo che i due erano originari della
stessa provincia, volle che fosse l’amico a gettare la prima palata di
terra sulla bara. Testimoni
dell’atto di morte, redatto dal capitano Mario Borghesi, furono lo
stesso Quinto Cariati e
Francesco Pate di Belmonte Calabro (CS).
Scigliano
Giuseppe - Fronte
russo - Disperso in guerra (data e luogo di morte sconosciuti)
Giuseppe Scigliano
Giuseppe Scigliano era
nato a Caccuri il 15 aprile 1921da
Luigi e da Carolina Lucente. Allo scoppio della guerra fu chiamato alle
armi e assegnato all’ARMIR, l’armata italiana inviata in Russia, nel
gelo di quelle contrade, con le scarpe di cartone. Di lui non si seppe
più nulla. Probabilmente morì di stenti nella steppadurante la drammatica ritirata.
Invalidi di
guerra
La guerra produsse,
anche nel nostro paese, numerosi invalidi, tra i quali il grande
invalido e mutilato Carmine
Salvatore Rugiero, un
giovane soldato che sperimentò sulla propria
pelle le tremende, dolorose conseguenze di una guerra la
più atroce e sanguinosa mai combattuta. Carmine Rugiero subì
gravissime mutilazioni che gli provocarono dolore e sofferenza per tutta
la sua lunga vita, ma egli seppe sopportare tutto con dignità.
Rugiero
Carmine Salvatore,
grande invalido di guerra
Carmine Salvatore Rugiero
Carmine Salvatore Rugiero nacque
a Caccuri il 16 luglio 1914
da Francesco e da Caterina Angotti.
Assolto regolarmente il
servizio militare, fu collocato in congedo illimitato il 22 settembre del
1936. Allo scoppio della guerra fu richiamato alle armi e d assegnato al 207°
Reggimento Fanteria e trasferito, poi , al 4° battaglione del 48°
Reggimento fanteria di Ferrara. Il
30 dicembre del 1940 si imbarcò a Brindisi con destinazione l'Albania e il 31
dicembre del 1940 giunse in territorio dichiarato in stato di guerra quando
oramai l'offensiva italiana era stata già respinta dai greci
costringendo la Germania ad accorrere in aiuto degli Italiani mandati allo
sbaraglio. Salvatore era solo uno dei tanti soldati delle 8 divisioni
trasferite in Albania tra il 28 ottobre e il 31 dicembre del 1940 e, alla
fine, risultò uno dei 12.368 congelati gravi. Il 22 gennaio del 1941,
infatti, a meno di un mese dall'arrivo, fu ricoverato nell'ospedale da campo
471 per congelamento e, due giorni dopo, il 24 gennaio, viste le gravi
condizioni in cui versava, fu imbarcato a Valona e rimandato in Italia.
Il 27 gennaio sbarcò a Brindisi e, lo stesso giorno, venne ricoverato
all'ospedale militare di Taranto,. Pare che già sulla nave avesse subito una
prima amputazione agli arti inferiori. Fu quindi trasferito all'ospedale
Principessa di Piemonte di Roma. Alla fine subì l'amputazione della gamba
sinistra e della coscia destra, un tributo davvero pesantissimo ad una guerra
stupida ed assurda. Il 14 luglio del 1943, fu, finalmente, collocato in
congedo assoluto.
Salvatore Rugiero ci ha lasciato il 5 luglio del 2009. Al suo funerale,
celebrato in forma solenne, con gli onori militari, oltre al picchetto d'onore
formato da tre militari del Comando militare Esercito Calabria, c'era una
folla immensa.
Prima di chiudere questa pagina
voglio inserire una brevissima
biografia di un giovane carabiniere caccurese che non cadde nella
Seconda guerra mondiale, ma in quella che fu un'altra feroce guerra,
un'appendice del più grande conflitto, la guerra personale del bandito
indipendentista siciliano Salvatore Giuliano contro lo Stato italiano.
Si tratta di Giovanni Dardani, terza sfortunata vittima di una famiglia
decimata dalla guerra. Giovanni, infatti, era fratello di Vincenzo e di
Fedele Dardani dei quali abbiamo parlato in questa stessa pagina.
Dardani Giovanni –
Ospedale militare di Palermo – 10-05-1946
Giovanni Dardani,
carabiniere nato a Caccuri il 27 giugno del 1918, era figlio di Domenico e di Maria Rosa Urso, coniugato
con Maria Mele, sorella di Vincenzo, internato in Germania dove mori a
seguito di un bombardamento. Dardani morì a Palermo il 10
maggio del 1946, nell’ospedale militare
nel quale era stato ricoverato alcuni giorni prima essendo stato
gravemente ferito nel corso di un agguato ad una camionetta di
carabinieri ad opera della
banda di Salvatore Giuliano, il feroce bandito separazionista siciliano.
Giovanni lasciò la loglie e due figliolette in tenera età. Al giovane
carabiniere fu poi conferita la medaglia d’argento al valor
militare. Nei primi anni '90 gli fu intitolata la via che dal cancello
di Villa San Marco arriva alle case popolari.